Nel primo trimestre del programma Transizione 5.0, partito ad agosto, sono stati richiesti crediti d’imposta per appena 99 milioni di euro, pari all’1,6% dei 6,23 miliardi previsti dal Pnrr, a cui si sommano i 6,4 miliardi stanziati con la legge di bilancio. In totale, le risorse disponibili tra il 2024 e il 2025 ammontano a 13 miliardi. Tuttavia, le imprese che hanno aderito finora sono solo 324. Anche includendo le pratiche ancora in fase di valutazione, le richieste complessive si fermano a 115,7 milioni, presentate da 480 aziende tramite il portale del Gse (Gestore dei servizi energetici).
Secondo il rapporto Energy Efficiency 2024 del Politecnico di Milano, nel 2023 le imprese italiane hanno investito tra i 2,4 e i 2,9 miliardi di euro in efficienza energetica, un aumento del 20% rispetto all’anno precedente. La quasi totalità degli investimenti (91-93%) ha riguardato soluzioni hardware, mentre il digitale si è fermato al 7-9%. Nonostante ciò, i costi energetici in Italia restano tra i più alti in Europa, spingendo le imprese a cercare soluzioni per migliorare la sostenibilità e ridurre i consumi.
Lo studio segnala però segnali preoccupanti per il futuro: entro cinque anni, le intenzioni di investire in fotovoltaico, sistemi di aria compressa e interventi sui processi produttivi potrebbero crollare. Le principali barriere includono incertezze sul ritorno degli investimenti, regole poco chiare e l’eccessiva burocrazia. Tra gli ostacoli, la doppia certificazione – preventiva e successiva – richiesta alle imprese per accedere ai benefici fiscali del piano Transizione 5.0 complica ulteriormente il quadro. Secondo quanto riportato dall’inserto Affari & Finanza de La Repubblica emerge che, nonostante le difficoltà, gli investimenti nell’efficienza energetica rappresentano una priorità per il mondo industriale. Tuttavia, senza interventi per semplificare l’accesso ai fondi e rafforzare le certezze regolamentari, la transizione rischia di restare al palo.
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