Nuova “missione impossibile” per Bruxelles: trattenere 300 miliardi di euro di risparmi che ogni anno volano fuori dall’Ue per andare a foraggiare imprese concorrenti di Stati non europei. Come quelle a stelle e strisce, che ora il presidente Donald Trump vuole proteggere a colpi di dazi.
Si profila una nuova guerra commerciale e sulle prime pagine ormai da mesi campeggiano titoli con minacce di ritorsioni economiche reciproche tra le principali economie del mondo. E così nel mezzo del rumore è passato in sordina l’annuncio della futura Unione del risparmio e degli investimenti fatto da Ursula Von der Leyen.
La presidente della Commissione europea ha toccato un nervo scoperto dell’economia europea: quello della divergenza tra economia e finanza. Negli Stati Uniti economia e finanza sembrano muoversi in sintonia, l’una sostiene l’altra. Nella Ue sembra che accada il contrario: ognuna va per la sua strada.
Negli Stati Uniti economia e finanza sembrano muoversi in sintonia, l’una sostiene l’altra. Nella Ue sembra che accada il contrario: ognuna va per la sua strada
Regista dell’Unione europea dei risparmi è l’ex presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta. Negli scorsi mesi si è prodigato molto su questo tema, presentando un rapporto ai capi di Stato e di governo della Ue. Letta ha ricordato che, appunto, ogni anno più di 300 miliardi di euro lasciano il Vecchio Continente per investire negli Stati Uniti «perché il mercato europeo è frammentato e non abbastanza attraente». Concetto ribadito a fine gennaio da Von der Leyen nella conferenza stampa in cui ha illustrato il piano sulla competitività della Ue. Anche perché di soldi oggi ce n’è più che mai bisogno.
Il rapporto Draghi ha stimato in 750-800 miliardi di euro l’anno gli investimenti necessari per intraprendere la trasformazione ecologica e digitale del Vecchio continente, e anche per coprire l’aumento della spesa per la difesa richiesto dalla Nato. Von der Leyen ha aggiunto che nel 2022 i tassi di risparmio delle famiglie europee sono stati superiori del 65% a quelli degli Stati Uniti, ma che non sono stati indirizzati in modo efficiente verso investimenti produttivi in Europa. E così sono scappati altrove. Dove? Soprattutto a Wall Street, dove è possibile guadagnare somme di denaro impensabili nelle Borse del Vecchio Continente.
Negli ultimi cinque anni l’S&P500, l’indice delle più grandi aziende americane, ha quasi raddoppiato il suo valore: +95%. Il Nasdaq, il listino dei titoli tecnologici, +160%. Nello stesso periodo avreste guadagnato puntando anche sulle principali multinazionali europee, quelle contenute nello Stoxx Europe 600, accontentandovi però di un +34%. Un pochino di più a Piazza Affari, +57%. Percentuali che si commentano da sole. E così scopriamo che l’Europa ha un altro punto debole: non è redditizia.
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