L’imprenditore che evade il fisco assolto perché lo Stato non paga

Il caso segnalato dal Corriere della Sera, l’azienda avrebbe dovuto versare 180 mila euro di Iva, ma vantava crediti non riscossi per 1,7 milioni

Lo Stato che non paga i propri fornitori non può processarli se poi questi non sono in gradi di corrispondere quanto dovuto al fisco. È quanto stabilito, attraverso due singole sentenze, dal tribunale di Milano che ha assolto dall’accusa di evasione fiscale un imprenditore e il responsabile di una famosa comunità di tossicodipendenti, imputati per ritardi nei versamenti dei fondi pubblici indispensabili alla vita della loro attività. Un successo a metà per il mondo delle imprese, come spiega il Corriere della Sera di giovedì 10 gennaio, che riporta il caso dell’azienda Sintea Plustek e della comunità Saman: le tasse, con sanzioni e interessi, andranno comunque pagare, “la legge non consente la compensazione tra dare e avere”.Riportiamo il primo caso, emblematico, della Sintea Plustek di Assago (Milano), che produce e vende protesi vertebrali. Dal 2005 ha fornito i suoi prodotti a tre Asl e a un ospedale di Catania per un totale di 1,7 milioni di euro, soldi non ancora corrisposti dal servizio sanitario nazionale. Nonostante i solleciti, l’azienda non è riuscita a farsi pagare né a ottenere un anticipo sui crediti dalle banche; a causa delle fatture che aveva dovuto emettere anche senza incassare, sottolinea il Corriere, nel 2008 la Sintea Plustek avrebbe dovuto comunque versare al fisco quasi 180 mila euro di iva. I soldi non c’erano e nel 2012 l’Agenzia delle entrate ha avviato la procedura di riscossione (come prevede la legge), aprendo inoltre un procedimento per evasione fiscale nei confronti del legale rappresentante dell’azienda, Paolo Guerra, assolto dal giudice per le indagini preliminari, Claudio Castelli, “perché il fatto non costituisce reato. L’imputato è stato costretto a non pagare da un comportamento omissivo e dilatorio da parte di enti pubblici che avrebbero dovuto pagare”, scrive Castelli, così come riportato dal quotidiano. “Questo modo di procedere uccide le piccole e medie industrie italiane che come noi hanno prevalentemente rapporti con lo Stato”, afferma Guerra che lavora anche all’estero “dove i tempi di pagamento vanno dai 30 giorni della Svizzera ai 60 degli Usa ai 90 del Brasile”.

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