Lo Stato dà, gli enti locali tolgono: e gli italiani restano poveri

Tutte le riduzioni del costo del lavoro negli ultimi anni sono state assorbite dall'aumento delle imposte locali

Negli ultimi 5 anni il costo del lavoro per le imprese si è ridotto, fra i mille e i 6 mila euro per addetto, in base al livello, grazie all’eliminazione dell’Irap sul lavoro e altri sgravi. Ma lo stipendio netto dei dipendenti è diminuito, a causa del balzo delle addizionali Irpef di Comuni e Regioni, triplicate in pochi anni. Unica eccezione i redditi più bassi, che beneficiano del bonus di 80 euro mensili. L’Italia resta così uno dei Paesi con il divario più alto fra stipendio netto (53%) e costo per l’azienda nelle maggiori 10 economie europee.

È quanto emerge da una ricerca di UHY Italy, network internazionale che raggruppa società di revisione, consulenza fiscale e del lavoro, alla vigilia di un nuovo intervento annunciato dal governo per favorire le nuove assunzioni. Un impiegato del settore commercio, residente a Milano, ha perso in 12 mesi 173 euro a Milano e 227 a Roma. Un quadro 225 euro nel capoluogo lombardo e 516 nella capitale. Un dirigente ha subito una decurtazione di 1.431 euro a Milano e 1.167 a Roma. L’indagine ha preso in esame il cedolino di 4 categorie e relativo reddito annuo lordo: 20 mila euro per un operaio, 30 mila euro di un impiegato, 50 mila euro per un quadro e 9 mila euro di un dirigente. È stata considerata la residenza a Roma e Milano, ma la situazione negli altri capoluoghi non cambia molto.

IRAP DECISIVA. La riduzione degli oneri sul lavoro per le aziende nei 5 anni deriva soprattutto dall’azzeramento dell’Irap. Una imposta che gravava su salari e stipendi in via ordinaria (al lordo di eventuali deduzioni) per il 3,9% in Lombardia e per il 4,82% nel Lazio. La cancellazione – introdotta per il 2015 – vale solo per i lavoratori dipendenti assunti a tempo indeterminato. Una boccata di ossigeno di circa 6,5 miliardi di euro annui per le imprese. Altri sgravi hanno riguardato voci minori, mentre i contributi previdenziali sono rimasti stabili.

«Dal 2012 al 2017 il costo aziendale annuale di ciascun addetto è diminuito in via diretta», osserva Luca Bianchin, partner di UHY, «per Milano, ad esempio, si va da circa mille euro in meno nel caso di un operaio, ai 1.700 euro di un impiegato, per salire ai circa 3.000 euro per un quadro. Fino a sfiorare i 5 mille euro per un dirigente. Ancora più elevate le soglie di risparmio a Roma. Il tutto, però, spesso a scapito di agevolazioni all’assunzione venute a mancare o destinate solo a brevi periodi temporali». A fronte di questi risparmi per le aziende, tuttavia, lo stipendio netto percepito dai lavoratori non è aumentato, anzi è diminuito.

ITALIA IN CODA. Fra le 10 maggiori economie europee spicca la Gran Bretagna, dove il lavoratore percepisce oltre il 69% del costo azienda per uno stipendio-tipo (circa 53.600 sterline annue). Seguono la Spagna e la Polonia, con un “netto in busta” intorno al 60%. Svezia e Olanda si collocano intorno al 57%. La Penisola ha recuperato posizioni, ma resta in coda. Un lavoratore medio italiano (39.000 euro lordi annui), percepisce appena il 54% di quanto costa all’azienda. Ancora più pesante il cuneo fiscale che grava sugli stipendi in altri Paesi. Lo stipendio netto percepito si ferma al 50% in Germania e al 45% in Francia. Il cuneo fiscale sul lavoro in Europa nel 2016

Paese

Costo aziendale

Stipendio netto

Stipendio netto %su costo lordo

Gran Bretagna

53.637

37.122

69,2

Spagna

33.982

20.603

60,6

Polonia

11.879

7.048

59,3

Svezia

58.321

33.562

57,5

Olanda

58.143

33.269

57,2

ITALIA

39.559

21.246

53,7

Germania

54.832

27.839

50,8

Austria

55.750

27.013

48,5

Belgio

59.482

27.515

46,3

Francia

56.264

25.549

45,4

Fonte: elaborazione UHY su dati Unione Europea 2016

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