Meno fiducia per i servizi digitali: aumenta la paura di truffe e disservizi

Secondo la ricerca Digital Trust Index 2025 i consumatori sono più consapevoli che mai delle minacce online e delle conseguenze

Cresce la sfiducia nei servizi digitali: il report di Thales© Shutterstock

Quasi di pari passo con l’aumento delle possibilità di compiere operazioni online, a diminuire è la fiducia dei consumatori nei servizi digitali. La sensazione di sfiducia sta diventando una costante, complice la paura di truffe, frodi informatiche e disservizi: a determinare questa inversione di tendenza contribuiscono il timore costante di violazioni dei dati personali e la percezione che la tutela della privacy sia sempre meno garantita.

Lo rivela l’ultima edizione del Digital Trust Index 2025 di Thales, leader globale nelle tecnologie avanzate per i settori della difesa, aerospazio, cybersecurity e digitale, che mette in luce una disaffezione crescente verso i brand che operano online. Secondo il report, infatti, la consapevolezza dei rischi legati all’utilizzo dei propri dati su piattaforme digitali è ormai molto alta e questo sta generando un effetto diretto sul comportamento dei consumatori, sempre più propensi ad abbandonare i marchi percepiti come poco trasparenti o non sufficientemente sicuri.

Il report di Thales

Secondo la ricerca condotta da Thales su oltre 14.000 consumatori in 14 paesi, la fiducia nei servizi digitali è scesa su scala globale, coinvolgendo tredici settori su tredici analizzati. Solo banche, assicurazioni e pubblica amministrazione sono riuscite a mantenere o migliorare lievemente la percezione positiva del proprio operato. Nessun comparto, però, supera la soglia del 50% di fiducia sulla gestione dei dati personali.

Il dato più allarmante riguarda il fatto che il 19% degli intervistati ha ricevuto comunicazione della compromissione dei propri dati nell’ultimo anno: una percentuale che pesa enormemente sulle dinamiche di mercato, se si considera che l’82% degli utenti ha scelto di abbandonare un brand proprio per le preoccupazioni legate alla gestione delle proprie informazioni personali. La Gen Z, in particolare, appare la fascia più diffidente, con solo il 32% che si fida delle banche, pur essendo il settore più solido nell’indice di fiducia.

La ricerca fotografa anche un’esperienza d’acquisto sempre più frustrante per i consumatori: in terzo degli intervistati lamenta infatti il proliferare di bot malevoli che alterano le dinamiche di acquisto online, aumentando la percezione di essere manipolati da meccanismi poco trasparenti. Il settore dei media risulta il fanalino di coda nella classifica della fiducia, con appena il 3% dei cittadini globali che lo ritiene sicuro per la gestione dei dati personali.

Perché c’è meno fiducia nei servizi digitali?

Le ragioni di questo crescente scetticismo sono molteplici e si intrecciano con l’evoluzione della tecnologia e con la crescente sofisticazione delle minacce informatiche. Di base, la progressiva digitalizzazione dei servizi, accelerata negli ultimi anni, ha portato a un’espansione massiccia delle interazioni online, ma anche all’emergere di nuovi rischi: il diffondersi di pratiche scorrette e l’aumento degli attacchi informatici stanno mettendo a dura prova la fiducia dei clienti.

La frequenza con cui vengono diffusi casi di data breach e la facilità con cui informazioni sensibili finiscono nelle mani sbagliate hanno minato la percezione di sicurezza degli utenti: adesso, la sensazione diffusa è che la protezione dei dati sia diventata un onere a carico dei consumatori stessi, che si ritrovano costretti a condividere informazioni personali pur di accedere a servizi essenziali. A questa dinamica si aggiunge la crescente consapevolezza che i dati vengono spesso utilizzati a fini commerciali, senza reale trasparenza da parte delle aziende.

Gli utenti percepiscono di avere sempre meno controllo su come e da chi vengano utilizzate le proprie informazioni, un fattore che amplifica la sfiducia nei confronti delle piattaforme digitali. La gestione poco chiara dei consensi, la profilazione spinta e la mancanza di strumenti realmente efficaci per monitorare l’utilizzo dei dati contribuiscono ad alimentare questo clima di sospetto.

Nuove tutele e norme di sicurezza

Tornando al report di Thales, i risultati «dovrebbero mettere in allarme le aziende che svolgono attività online – ha dichiarato John Tolbert, Director of Cybersecurity Research di KuppingerCole Analysts – perché la diminuzione globale della fiducia non è solo quantificabile, ma anche prevenibile».

Secondo Tolbert, il “segreto” sta nella «implementazione corretta delle moderne soluzioni di Customer Identity Access Management (CIAM), Fraud Reduction Intelligence Platforms (FRIP), GenAI e protezione della privacy dei dati, così pure l’ottimizzazione dell’esperienza di acquisto del cliente come principio fondamentale, porterà a migliori risultati sia per le aziende, sia per i consumatori». Di certo, per arginare questa crisi di fiducia, aziende e istituzioni dovranno moltiplicare gli sforzi su più fronti.

La spinta verso tecnologie di autenticazione avanzate rappresenta una delle principali strade intraprese per rafforzare la sicurezza percepita dagli utenti, ma sarà anche fondamentale avere la capacità di dimostrare di essere in grado di proteggere l’identità digitale dei propri clienti, anche per ottenere quello che è un fattore competitivo cruciale, capace di fare la differenza nelle scelte di consumo.

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