Passaggio Ici-Imu, quanto è costato ai negozianti?

Secondo una rilevazione di Confesercenti, circa 1,05 miliardi in più rispetto ai 700 milioni derivanti dalla vecchia Imposta comunale sugli immobili

Il 17 dicembre scorso è scaduto il termine per pagare l’Imu (Imposta municipale unica) e, per chi si chiede quanto sia costato il passaggio Ici-Imu, i conti sono già stati fatti: la nuova tassa darà un gettito allo Stato di oltre 23 miliardi, quasi il doppio dei proventi assicurati dall’Imposta comunale sugli immobili. Secondo uno studio di Confesercenti, questo passaggio ha penalizzato in particolare gli immobili destinati “a negozi e botteghe, colpiti da un prelievo pari a 1,8 miliardi, ossia 1.050 milioni in più rispetto ai 700 milioni derivanti dalla vecchia Ici”. Secondo l’associazione ad accrescere la tassazione Imu sugli immobili hanno contribuito tre fattori:

a) l’aumento di base imponibile (ovvero il valore “convenzionale” attribuito ai locali), per effetto del più elevato coefficiente (55 in luogo del 34 previsto per l’Ici) da applicare alla rendita catastale rivalutata che da solo spiega quasi il 62% dell’aumento;b) l’aumento dell’aliquota standard fissata ai fini Imu, che giustifica un altro 14%;c) l’ulteriore aumento di aliquota deciso da ciascun Comune nell’ambito delle facoltà accordate dal legislatore (aumento o riduzione dell’aliquota ordinaria in misura pari allo 0,30%).

Come si legge dallo studio, “sugli immobili strumentali all’attività imprenditoriale grava, a partire dal 2012, un prelievo immobiliare pari a 2,4 volte (+ 140%) quello dell’IIci, che si scarica in larghissima parte (oltre i 2/3) sulle piccole e medie imprese: quelle che sono proprietarie dell’immobile in cui svolgono la propria attività; ma anche quelle che conducono l’immobile in locazione e che si vedranno aumentare il canone dal proprietario colpito dall’Imu”.

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