Pensioni, gli statali potrebbero lavorare fino a 70 anni: tutte le novità

Diverse novità in ambito pensioni: si ragiona su un rinvio del pensionamento ma anche su una rivalutazione delle pensioni minime

Pensione: cosa cambia nel 2025 in Italia© Shutterstock

Si lavora sulla riforma delle pensioni, che verrà finanziata con la legge di Bilancio 2025 (stimata tra i 20 e i 25 miliardi di euro). Il dossier è al vaglio da diversi giorni e le indiscrezioni su susseguono, fra sussurri e dichiarazioni ufficiali del ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo.

Diverse le novità interessanti: proprio in base a quanto affermato da Zangrillo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la sua squadra di governo potrebbero approvare un piano che consentirà a un numero limitato di dipendenti pubblici di continuare a lavorare fino ai 70 anni, tre anni in più rispetto al previsto, ma solo su base volontaria.

L’opportunità di trattenimento potrebbe valere per tutte le amministrazioni e attualmente il Mef sta svolgendo le simulazioni per valutare il risparmio previdenziale. Si sfruttano le simulazioni anche per capire quanto (e se) si potranno alzare le pensioni minime. Teoricamente la richiesta era di alzare la cifra di almeno 1000 euro, ma il budget è ancora risicato: la manovra potrebbe dunque garantire un aumento fino ai 620-630 euro.

Guardando nel dettaglio, la presidente Giorgia Meloni ha detto che «le pensioni minime sono una delle nostre priorità. Abbiamo fatto una rivalutazione al 120% per le pensioni minime, che sono cresciute in modo significativo». In effetti, quest’anno gli assegni sono stati adeguati all’inflazione in maniera piena, anche se solo quelli fino a 2.270 euro mensili. Per gli importi superiori la rivalutazione è stata proporzionalmente più bassa.

Le pensioni minime, però, hanno beneficiato di un super adeguamento straordinario, valido solo per il 2024, che le ha portate a quota 614,77 euro. La conferma dell’incremento straordinario le porterebbe a 625 euro, soglia che potrebbe salire a 630 per dare un ulteriore segnale ai pensionati più poveri.

Si chiacchiera anche sulla nuova Quota 41 che, sempre stando alle indiscrezioni, sarebbe in stallo. Questa misura, attualmente riservata ai lavoratori precoci che rientrano tra i caregiver, invalidi, addetti a lavori gravosi o disoccupati, resterà attiva nel 2025, ma si sta discutendo di estenderla a tutti, senza limitazioni legate alle categorie di appartenenza.

È proprio qui che il procedimento si blocca: dovrebbero infatti essere applicati alcuni correttivi, come il mantenimento del vincolo del lavoro precoce, ossia i 12 mesi di contributi versati prima dei 19 anni.  Si ragiona sulla possibilità di confermare i meccanismi di flessibilità al momento attivi, ma a questa conferma dovrebbe poi seguire un tavolo nel 2025 per riformare tutto il sistema pensionistico. Dalla Lega, però, si insiste sul corollario del ricalcolo dell’assegno con un metodo per intero contributivo: una misura che causerebbe un taglio dell’assegno del 15-20%, dipende dai casi.

Rimane invece l’assegno unico, giusto con qualche ritocco: si suppone in fatti che possano esserci dei tagli al sostegno delle famiglie più benestanti, mentre verranno confermati gli sgravi contributivi per le mamme che lavorano (con due o più figli). Sempre in via teorica, le agevolazioni potrebbero essere estese anche alle lavoratrici autonome e potrebbe anche esserci un intervento in favore dei congedi parentali.

Infine, tornando alle affermazioni di Zangrillo, si punta ad assumere 350mila giovani entro il 2025: per aggiornare il personale statale.

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