Piaga riciclaggio, in Italia vale il 10% del Pil

Un record negativo per il nostro Paese segnalato dal vice direttore generale della Banca d'Italia. Da noi i flussi di denaro illecito pesano più del doppio, ma l’azione di contrasto comincia a dare i suoi frutti…

Il riciclaggio nel mondo ‘vale’ circa il 5% del Pil, ma le stime per l’Italia sono ancora più pessimistiche e indicano dimensioni mediamente superiori al 10% del Pil. A segnalare questo record negativo il vice direttore generale della Banca d’Italia Anna Maria Tarantola che, in occasione di un intervento alla Scuola Superiore dell’economia e delle finanze, spiega l’effetto del riciclaggio di denaro sull’economia di un Paese. “I flussi di denaro illecito – spiega Tarantola – assumono rilevanza anche sul piano macroeconomico e sono suscettibili di generare gravi distorsioni nell’economia legale, alterando le condizioni di concorrenza, il corretto funzionamento dei mercati e i meccanismi fisiologici di allocazione delle risorse, con riflessi sulla stessa stabilità ed efficienza del sistema economico”. Il vicedirettore generale di Bankitalia sottolinea, però, che l’azione di contrasto al riciclaggio comincia a dare i suoi frutti. “Le segnalazioni di operazioni sospette, circa 12.500 nel 2007, si sono triplicate, divenendo oltre 37.000 nel 2010. Il trend di crescita – aggiunge Tarantola – risulta in notevole accelerazione: +16% nel 2008, +44% nel 2009, +77% nel 2010. Per il rappresentante della Banca d’Italia il fatto che l’aumento delle segnalazioni sia dovuto quasi esclusivamente agli intermediari bancari, finanziari e alle Poste “non può considerarsi soddisfacente”. Dai professionisti e dagli altri operatori, sono pervenute, nel 2010, solo 223 segnalazioni (erano 136 nel 2009 e 173 nel 2008), di cui un terzo dai dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali, circa un quinto dai notai. “Nei loro confronti – sottolinea Tarantola – è in atto una incisiva azione di sensibilizzazione volta a diffondere, soprattutto per quanto riguarda i professionisti, la ‘cultura della collaborazione’ ma anche a rassicurare gli operatori circa le garanzie di riservatezza del sistema, atteso il valore che tali garanzie assumono in termini di sicurezza personale ma anche di ‘reputazione’ professionale”.

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