Pressioni delle multinazionali al governo italiano

American Express, Coca-Cola, General Electric, Google, Hewlett-Packard, Huawei, Procter & Gamble, Sky, Vodafone e Volkswagen tra i grandi investitori esteri che, attraverso Confindustria, lamentano – da anni - l’assenza di misure efficaci per gli investimenti sul territorio. Ecco cosa chiedono

Mancanza di regole chiare sulla fiscalità, un contesto legislativo poco favorevole alla diffusione degli investitori di capitali di rischio e poca attenzione su tecnologia e innovazione. Sono solo alcune delle criticità evidenziate da un documento interno del Comitato investitori esteri di Confindustria, che rappresenta gli interessi delle più grandi multinazionali presenti in Italia, gruppi in grado di muovere centinaia di milioni di euro e che iniziano a “innervosirsi” sulla difficoltà di comunicazione tra aziende private e politica italiana. Come riportato dal quotidiano La Notizia, nel documento Giuseppe Recchi, presidente di Eni e del Comitato investitori esteri di Confindustria, mette nero su bianco il malcontento di multinazionali del calibro di Accenture, Alstom, American Express, British American Tobacco, Coca-Cola, Eon, Edf Energia, Gdf Suez, General Electric, Google, Hewlett-Packard, Huawei, McKinsey, Procter & Gamble, Sky, Vodafone, Volkswagen e Wind (solo per citarne alcune). “Constato solo – scrive – che si tratta del quarto governo in tre anni e che ogni volta ci troviamo a dover ricominciare a stabilire i giusti canali di relazione”.

COSA CHIEDONO LE MULTINAZIONALI. Il problema è che molte delle richieste fatte dal Comitato di investitori non sono ancora state prese in considerazione dalla politica. Tra le richieste delle multinazionali c’è, per esempio, l’esigenza di conoscere una chiara definizione dell’elusione fiscale e dell’abuso di diritto, passaggio che darebbe modo alle imprese di “pianificare fiscalmente ristrutturazioni e investimenti scegliendo il più conveniente regime fiscale”. Senza contare che per gli investitori esteri “l’elusione non deve avere rilevanza penale”. Il Comitato confindustriale evidenzia poi l’assenza di “una graduazione delle sanzioni fiscali in funzione della gravità effettiva, favorendo la possibilità di regolarizzazione volontaria“. Come accennato, manca poi “un contesto legislativo e fiscale favorevole alla diffusione di business angel e incubatori con particolare focus su tecnologia e innovazione”; non a caso l’Unione europea ha inserito il nostro Paese tra i meno propensi all’innovazione. La Notizia riporta poi la mancata razionalizzazione e semplificazione della “disciplina che regola fondi di private equity, fondi immobiliari e siiq (società di investimento immobiliare quotate) per ampliare il mercato delle partecipazione azionarie, per rendere l’industria immobiliare italiana moderna e trasparente e agevolare l’indispensabile processo di valorizzazione degli immobili pubblici”.

Resta sempre aggiornato con il nuovo canale Whatsapp di Business People
© Riproduzione riservata