Ritardi di pagamento, alle imprese italiane mancano 90 miliardi

Il dato della Commissione europea, che sottolinea: un terzo delle aziende europee chiude per crediti non saldati da parte degli Stati

Ammonta a circa 90 miliardi di euro il debito contratto, dal 2008 a oggi, da Stato e amministratori locali del nostro Paese nei confronti delle imprese italiane; un debito pesante, che sta costringendo migliaia di aziende al fallimento. È questo uno dei dati più allarmanti forniti dalla Commissione europea in occasione di un seminario organizzato a Milano lo scorso 4 febbraio, con l’obiettivo di presentare una campagna informativa sui ritardi di pagamento. Secondo la Commissione, su un totale di 46.400 fallimenti dal 2008 a oggi, 14.400 sarebbero da imputare ai mancati pagamenti da parte della Pubblica amministrazione. “L’Europa sta vivendo una situazione economica e sociale senza precedenti dal Dopoguerra con un altissimo tasso di mortalità d’imprese e perdita di migliaia di posti di lavoro, che ogni settimana impoveriscono il tessuto produttivo europeo”, afferma Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, responsabile per l’Industria e l’imprenditoria. “Un terzo dei fallimenti – aggiunge – è causato dai ritardi di pagamento. Questi ritardi sono inaccettabili: se è legittimo riscuotere tempestivamente i tributi da parte dello Stato, altrettanto doveroso, anche moralmente, è pagare i debiti alla scadenza, evitando la chiusura di aziende sane. È imperativo che le regole di contabilità e il patto di stabilità interno vengano rivisti in modo da non ostacolare l’applicazione della direttiva”.

A LIVELLO EUROPEO. Nel corso del seminario è stata presentata la situazione di tutte le imprese del tessuto europeo. A livello Ue i ritardi di pagamento ammontano a 340 miliardi di euro, più del doppio del budget totale dell’Unione per il 2012, pari a 147 miliardi. Nel corso dello scorso anno il 57% delle imprese Ue ha sofferto problemi di liquidità a causa dei ritardi di pagamento (+10% su base annuale); i mancati pagamenti avrebbero inoltre causato la perdita di 450 mila posti di lavoro.

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