Sanità integrativa in stallo: gli italiani si pagano le cure in autonomia

Sanità integrativa in stallo: cause e rimedi© Shutterstock

La Sanità integrativa, nata per sostenere il Sistema Sanitario Nazionale, in Italia non cresce. È da tre anni che il numero di iscritti è fermo a 16 milioni e comincia a essere in difficoltà sul piano della sostenibilità economica. A parlare sono i numeri.

Fondi, Casse e società di mutuo soccorso, negli ultimi 10 anni, hanno registrato una crescita pari a un milione di iscritti all’anno, raggiungendo quota 16,2 milioni nel 2023. Tuttavia dal 2021 al 2023 si è assistito a una decelerazione. Il numero dei Fondi integrativi è addirittura sceso: dai 334 del 2022 ai 324 del 2023.

“È come se avessero raggiunto un plateau non più superabile. Senza un intervento normativo di riforma che estenda il perimetro della Sanità integrativa è difficile che si arrivi oltre questi 16 milioni di italiani e cioè solo il 24% della popolazione coperta. Poco se si pensa che in Francia e Germania le forme di assistenza integrativa collettivistica, non le assicurazioni individuali, coprono circa il 70% della popolazione”, ha dichiarato a Il Sole 24 Ore Ivano Russo, presidente dell’Osservatorio Welfare e Salute che monitora il settore.

Intanto la spesa sanitaria fa emergere un altro dato importante: nel nostro Paese serve una Sanità integrativa. Nel 2023 infatti, come ha fatto notare la Ragioneria generale dello Stato, a fronte di quasi 133 miliardi di spesa pubblica per finanziare il Ssn, i cittadini hanno pagato di tasca propria 43 miliardi. Un euro su tre è a carico degli italiani. La spesa erogata dai Fondi integrativi nel 2023 è stata di 3,2 miliardi, pochissimo rispetto alla cifra uscita dalla popolazione per le proprie cure sanitarie.

Perché la Sanità integrativa è un settore in stallo

Il problema principale riguarda l’elusione contributiva da parte delle aziende. Oggi, contratti collettivi firmati alla mano, avrebbero diritto a qualche forma di Sanità integrativa 15 milioni di lavoratori, ma quelli effettivamente iscritti sono soltanto 8 milioni. Inoltre, nei 16 milioni di iscritti attuali ai Fondi integrativi ci sono anche i rispettivi nuclei familiari, che ammontano a circa 4 milioni. Poi si contano 2 milioni di liberi professionisti e 500mila pensionati. “Bisognerebbe intervenire spostando l’esigibilità del diritto alla Sanità integrativa dal lavoratore al Fondo integrativo, il lavoratore infatti non denuncerà mai il suo datore di lavoro perché non lo iscrive al fondo di categoria”, ha spiegato Russo. 

Il numero di iscritti aumenterebbe di 3,5 milioni soltanto con i dipendenti pubblici. Infine è cruciale la questione legata alla sostenibilità: “Da una parte la platea non aumenta perché non si contrasta l’elusione contributiva e dall’altra aumenta la richiesta di prestazioni ma non quella dei premi. Il rapporto tra premi e sinistri è salito al 70% quando pochi anni fa era al 50%. Tra qualche anno no ci sarà più convenienza economica e ci sarà la fuga di assicurazioni e altri player dalla sanità integrativa, un vero problema perché non occuparsi del secondo pilastro vuol dire fare un danno anche al primo pilastro, quello pubblico”, ha concluso Ivano Russo.

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