Vinitaly 2025: 4 mila cantine e buyer da 71 Paesi. Sull’evento l’ombra dei dazi

La 57ª edizione punta sull’internazionalizzazione e lancia nuove tendenze tra degustazioni globali e progetti per il turismo del vino. Intanto, però, il settore si interroga sulle mosse del presidente Usa

Vinitaly 2025: 4 mila cantine e buyer da 71 Paesi. Sull'evento l'ombra dei daziUno scatto da una passata edizione di Vinitaly© Shutterstock

Dal 6 al 9 aprile 2025, Verona tornerà a essere la capitale mondiale del vino con la 57ª edizione di Vinitaly, la più grande vetrina del vino made in Italy. In scena ci saranno 4 mila aziende da tutto il mondo, distribuite nei 18 padiglioni di Veronafiere, per accogliere operatori da 140 Paesi.

La kermesse conferma anche nel 2025 la sua doppia anima: barometro del mercato e laboratorio di tendenze. A dare corpo al volto internazionale dell’evento è il piano di incoming messo a punto con Ice: sono attesi 1.200 top buyer da 71 Paesi, con Stati Uniti e Canada in prima fila, seguiti da Cina, Regno Unito, Brasile, India, Giappone, Corea del Sud e Singapore. Un risultato per nulla scontato, viste le attuali tensioni geopolitiche.

Le novità del Vinitaly 2025

Obiettivo dichiarato: consolidare la posizione di Vinitaly come “aggregatore naturale del vino italiano” sui mercati target, parola del presidente di Veronafiere Federico Bricolo. Sul fronte dei contenuti, il palinsesto cresce: entra nel vivo Vinitaly Tourism, debutta lo spazio dedicato ai No/Low Alcohol e ai Raw Wine, mentre l’Amphora Revolution celebra i vini da anfora.

Tornano anche i Grand Tasting, le masterclass di MicroMega Wines e gli appuntamenti guidati dai mostri sacri della critica internazionale. Oltre 80 le degustazioni in programma, tra cui un “giro del mondo in 60 minuti” proposto il 6 aprile dalla wine educator Cristina Mercuri.

L’ombra dei dazi Usa sul mondo del vino (e non solo)

Ma mentre la macchina fieristica viaggia a pieno ritmo, fuori dai padiglioni aleggia un certo nervosismo. I riflettori sono puntati sui dazi voluti dal presidente Usa, Donald Trump, con la minaccia di un rincaro fino al 200% paventato dall’amministrazione statunitense. E non è solo una questione ipotetica: l’effetto annuncio ha già bloccato spedizioni verso gli States, con una potenziale perdita di 6 milioni di euro al giorno secondo Coldiretti.

Il precedente è fresco nella memoria degli addetti ai lavori: tra 2019 e 2021, un dazio al 25% causò un crollo del 40% per i liquori italiani e del 20% per i vini francesi. E come se non bastasse, incombe anche il fronte di chi etichetta il vino come estremamente pericoloso. “A preoccuparmi di più è la demonizzazione dell’alcol”, ha ammesso il ministro Francesco Lollobrigida. “Il vino è un prodotto identitario, non un nemico da combattere”.

Puntare su nuovi mercati, certo, ma anche su nuovi consumatori. È qui che entrano in gioco i giovani: secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, sono gli under 44 a tenere in piedi il segmento premium. Millennials e Gen Z, spesso sottovalutati, si rivelano invece pronti a investire in etichette super-premium, anche se con poca fedeltà ai brand. Un pubblico da conquistare, ma ancora da comprendere appieno.

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