Quando si dice essere predestinati. Vitalik Buterin, il giovanissimo e geniale creatore di Ethereum, è figlio di uno scienziato russo, trasferitosi con la famiglia in Canada quando il figlio aveva 5 anni. La passione per i computer e la ricerca l’ha quindi ereditata dal genitore, il quale gli parlò e gli spiegò la Blockchain, in tempi in cui a sapere cosa fosse erano pochissimi.
Il primo amore è la Blockchain
Il giovane programmatore si entusiasmò a tal punto di Blockchain e Bitcoin da fondare una rivista, online e cartacea, Bitcoin Magazine. Buterin prendeva circa cinque bitcoin ad articolo.
Fu appunto approfondendo la conoscenza di questo esempio di tecnologia Dlt, che ebbe l’intuizione che avrebbe portato alla fondazione di Ethereum: se la Blockchain era una sorta di autostrada sulla quale potevano viaggiare delle monete virtuali, perché non farci viaggiare altro?
Nasce Ethereum
Fu così che nel 2014 fondò appunto Ethereum, una piattaforma basata sulla Blockchain sulla quale corre un’altra criptovaluta, l’ether, il cui valore oggi si aggira sui 524 dollari. La filosofia è la stessa del bitcoin, l’obiettivo è sempre disintermediare. C’è una differenza, se la creatura di Satoshi Nakamoto serviva a consentire transazioni sicure, registrate e verificate senza l’intervento di banche e altri intermediari, con Ethereum si possono concludere accordi grazie ai cosiddetti smart contract, contratti vincolanti e non aggirabili, che diventano operativi quando le parti hanno soddisfatto le condizioni stabilite. Con questa piattaforma, insomma, sono possibili operazioni finanziarie più complesse di quelle consentite sulla rete Bitcoin.
Il problema scalabilità
Ethereum e Bitcoin hanno un’altra cosa in comune: hanno avuto problemi di scalabilità, cioè quando la loro diffusione e il loro successo hanno portato a una crescita esponenziale delle operazioni che avvenivano sulle rispettive piattaforme, si è posto il problema di rendere queste ultime più potenti. Se il problema, sul circuito Bitcoin, è stato affrontato e risolto con Lighting Network, nel caso di Ethereum la soluzione si chiama Plasa. Anche qui, c’è un’altra coincidenza da sottolineare: per creare Plasma, Buterin si è appoggiato a Joseph Poon, guarda caso uno dei creatori di Lighting Network.
Buterin lancia le DAICO
Buterin però non ama starsene con le mani in mano e non pago del successo di Ethereum, che ormai collabora con colossi come Microsoft o JP Morgan, lo scorso gennaio ha presentato un’altra idea potenzialmente rivoluzionaria: le DAICO. La parola è il risultato della crasi di due acronimi diversi: DAO e ICO. Il primo sta per Decentralized Autonomous Organizations, cioè organizzazioni governate da smart contract mentre il secondo si riferisce alle Initial Coin Offering, cioè le offerte iniziali di monete.
Quale problema risolvono le DAICO? Uno semplice e apparentemente irrisolvibile: quando una start up effettua una ICO, nessuno può avere la certezza che il progetto per il quale si stanno raccogliendo fondi vada in porto e non si riveli invece una bufala. Affidando l’implementazione del progetto a uno smart contract, si risolve questo problema. Le DAICO, inoltre, danno maggiore potere decisionale ai sovvenzionatori.
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