L’intelligenza artificiale è pronta, ma il settore deve ancora crederci davvero. È il quadro che emerge dall’analisi Artificial Intelligence: il valore è nella scala, presentata da EY in collaborazione con Mdotm durante la prima giornata del Salone del Risparmio a Milano. Il report ha messo a fuoco sfide, opportunità e casi virtuosi nell’adozione dell’AI nei modelli operativi e di business del Wealth e Asset Management.
Il punto di partenza è eloquente: solo il 5% degli Investment Manager si considera all’avanguardia nell’uso dell’AI, mentre il 41% è ancora in ritardo o senza una pianificazione. La tecnologia viene riconosciuta come un driver di potenziale valore economico, ma il suo utilizzo è ancora frammentato, spesso confinato a progetti pilota o ad ambiti specifici come il back office. Secondo Giovanni Andrea Incarnato, Italy Wealth & Asset Management Leader di EY, per superare questa impasse è necessario “un cambio di paradigma verso il digitale, fondato su infrastrutture solide, una governance chiara dell’AI e una logica di ecosistema che valorizzi anche i partner esterni”. Solo così si potrà liberare il pieno potenziale della tecnologia, rendendola parte integrante dei processi decisionali e strategici.
Visione strategica cercasi
Il dato più rivelatore dell’analisi EY è forse questo: solo il 27% degli operatori ha una visione strategica dell’AI come leva di lungo periodo. Per il 67%, l’obiettivo è invece sviluppare applicazioni specifiche in aree circoscritte, a dimostrazione di un approccio ancora tattico e reattivo. Inoltre, l’AI viene vista principalmente come strumento per ridurre i costi (è questo il focus del 56% dei casi d’uso), più che come leva di innovazione o crescita del business. Nonostante ciò, cresce la consapevolezza che qualcosa deve cambiare: il 32% degli operatori ha riconosciuto, nell’ultimo anno, la necessità di accelerare sull’adozione dell’AI.
Nei prossimi 6-12 mesi, gli effetti positivi attesi sono molteplici: miglioramento della employee experience (68%), incremento dell’efficienza operativa (59%) e maggiore focalizzazione delle risorse su attività a valore aggiunto (43%).
Dove l’AI può fare la differenza
EY individua cinque aree ad alto potenziale: analisi e sintesi documentale, automazione del back office, gestione evoluta delle conoscenze, consulenza personalizzata, analisi di mercato e previsioni economiche. Meno promettenti, almeno nell’immediato, le applicazioni in ambito normativo, cybersecurity e risk management. Tuttavia, le sfide non mancano. Il 64% degli operatori denuncia una comprensione limitata delle applicazioni dell’AI, il 50% è frenato dall’incertezza normativa, e il 27% deve fare i conti con costi elevati e sistemi legacy. Non meno rilevante il tema delle competenze: solo il 14% ha avviato programmi di formazione interna, e il 59% lamenta la difficoltà di trovare professionisti qualificati sul mercato.
Dal “paradosso del pilota” all’adozione su scala
Il report definisce “paradosso del pilota” la situazione in cui si trovano molti Investment Manager: numerosi esperimenti, poche applicazioni scalabili. La soluzione? Un approccio olistico all’AI che combini strategia chiara, governance, tecnologia, persone e fiducia nella tecnologia stessa. Esistono già casi virtuosi di operatori che hanno fatto dell’AI un asset strategico e non più solo un progetto sperimentale. Il filo conduttore del loro successo è una visione integrata, che considera l’AI come parte di un’evoluzione strutturale e non come una semplice novità tecnologica.
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