La concentrazione maggiore è senza dubbio nell’Emilia Romagna, nel triangolo compreso tra Bologna, Rimini e Forlì. In un raggio di poco più di 100 chilometri, oggi ci sono ben tre istituti di credito finiti nel mirino di Bankitalia, che ne ha defenestrato i vertici, sostituendoli con dei propri commissari. Il nome più noto è quello di Banca Carim, la Cassa di Risparmio di Rimini che sulle sponde nord dell’Adriatico è una realtà di tutto rispetto, con 116 filiali in 6 regioni diverse, circa 800 dipendenti e una raccolta che supera i 5,6 miliardi di euro. A farle compagnia, nelle vicinanze, ci sono però anche il Credito di Romagna, che ha sede a Forlì, e il Banco Emiliano Romagnolo (Ber) piccolo istituto di private banking di Bologna con appena 33 dipendenti, fondato nel 1998 da un gruppo di industriali ed ex-manager di Carisbo e Unicredit. Ma la scure dell’authority presieduta da Mario Draghi, negli ultimi mesi, ha picchiato duro un po’ ovunque, e non soltanto sulla riviera adriatica. Tra la Sardegna, la Sicilia, la Toscana e la Lombardia, oggi in tutta la Penisola ci sono circa una quindicina di banche in amministrazione straordinaria. Si tratta quasi sempre di piccole realtà poco conosciute al grande pubblico dei risparmiatori ma molto radicate nelle zone in cui operano. E così, mentre i grandi gruppi creditizi nazionali sembrano essere usciti indenni dalla crisi finanziaria, senza dover chiedere “in ginocchio” gli aiuti pubblici, alla periferia del sistema bancario del nostro paese sono apparse alcune preoccupanti zone d’ombra. C’è chi dice che la recente escalation di commissariamenti, in gran parte decisi negli ultimi 12 o 24 mesi, sia l’effetto di un giro di vite voluto da Stefano Mieli, l’alto dirigente di Bankitalia che, dal gennaio del 2009, ha assunto la guida del servizio di vigilanza sugli intermediari finanziari. In realtà, trovare un filo conduttore per tutti questi provvedimenti non è affatto semplice. L’amministrazione straordinaria, infatti, è una misura d’urgenza (prevista dall’art. 70 del Tub, il Testo Unico bancario) che può scattare per diversi motivi: in presenza di forti perdite nel patrimonio o per violazione delle norme di legge e dello statuto sociale, ma anche per ragioni un po’ meno “gravi” come l’assenza di una adeguata struttura amministrativa e di controllo all’interno dell’istituto. A ben guardare, dunque, le ragioni che di recente hanno indotto i funzionari di Palazzo Koch a decapitare i vertici delle banche sono le più disparate.Nel caso del Credito di Romagna, per esempio, sono emersi rapporti anomali con Ibs (Istituto Bancario Sanmarinese) che è una società residente all’estero non autorizzata a operare in Italia. Ma sulla banca di Forlì hanno pesato pure le vicende della presunta loggia P3, che hanno visto protagonista anche un altro istituto commissariato nei mesi scorsi: il Credito Cooperativo Fiorentino, presieduto dal coordinatore del Pdl, Denis Verdini. I rapporti con San Marino hanno avuto un ruolo determinante pure nel commissariamento della Cassa di Risparmio di Rimini che, secondo gli ispettori inviati da Draghi, non avrebbe effettuato delle adeguate verifiche sulle attività della controllata Cis, un’altra banca che ha sede nella repubblica del Titano. Sono state invece le perdite patrimoniali, cioè un presunto buco di bilancio di 27 milioni di euro, a provocare l’amministrazione straordinaria di Mantovabanca 1896, istituto di credito cooperativo (Bcc) con sede ad Asola e presente nel territorio della Bassa Padana con 18 filiali. Anche a Cagliari la Bcc locale è oggi guidata da un commissario nominato da Draghi, sempre per motivi legati alle presunte perdite patrimoniali: secondo Bankitalia, infatti, l’istituto cooperativo del capoluogo sardo sarebbe stato un po’ troppo di manica larga nell’erogazione dei crediti, senza mettere in atto delle procedure di controllo adeguate. Sono stati invece dei problemi di liquidità la causa del commissariamento della Banca di Credito dei Farmacisti, piccola società con 2 sole filiali, una a Jesi (An) e l’altra a San Giovanni Teatino (Ch), ma con alcuni soci di prestigio come la Banca delle Marche (che aveva una quota del 25%, poi venduta) e il gruppo Generali (con una partecipazione del 4% circa). Ogni volta che i funzionari di Palazzo Koch si mettono in moto e decidono l’amministrazione straordinaria, tra i clienti delle banche commissariate si diffondono ovviamente non poche preoccupazioni. Per questo, gli ex manager defenestrati in genere si affrettano a rassicurare i correntisti o i creditori sulla solidità patrimoniale del loro istituto, lamentando non di rado un eccesso di severità nelle procedure di controllo di Bankitalia. Negli episodi recenti, la clientela delle società commissariate (sia i risparmiatori privati, sia gli imprenditori) ha potuto quasi sempre continuare a usufruire dei servizi dell’istituto. Il Testo Unico Bancario assegna infatti ai commissari nominati da Roma il compito principale di portare avanti la gestione della società, tutelando in primo luogo l’interesse dei depositanti e sanando il prima possibile eventuali anomalie nella gestione. Va ricordato, infatti, che l’amministrazione straordinaria (che formalmente viene decisa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze su proposta di Bankitalia) ha una durata non superiore a un anno e può essere prorogata al massimo per ulteriori 6 mesi. In questo las so di tempo, di solito l’operatività ordinaria non subisce intoppi, anche se non è esclusa qualche amara sorpresa. L’articolo 74 del Tub, infatti, stabilisce che, «qualora ricorrano circostanze eccezionali i commissari, al fine di tutelare gli interessi dei creditori, possono sospendere il pagamento delle passività di qualsiasi genere da parte della banca». È proprio quello che è capitato il 7 dicembre scorso ai depositanti del Banco Emiliano Romagnolo (Ber), che si sono visti congelare i propri conti correnti, con il blocco istantaneo di qualsiasi operazione. La ragione è che l’istituto con sede a Bologna sembra ormai sull’orlo del crack, con un ammontare di passività ben superiori all’attivo patrimoniale, che è pari a circa 54 milioni di euro. E così, per ragioni di cautela, i commissari hanno dovuto evitare qualsiasi fuoriuscita di denaro, capace di compromettere i diritti anche degli stessi correntisti. Ora, le speranze del Ber sono legate all’arrivo di un cavaliere bianco, pronto a salvarlo e a coprire le voragini che si sono aperte nei bilanci durante gli ultimi anni. Tuttavia, sul destino dell’istituto bolognese, aleggia lo spettro di una liquidazione coatta amministrativa. Si tratta del passo successivo al commissariamento, previsto dal Testo Unico bancario quando il salvataggio della società sembra ormai diventare via via più difficile. In caso di liquidazione coatta, Bankitalia revoca all’istituto l’autorizzazione all’esercizio dell’attività creditizia e nomina dei nuovi vertici (che in questo caso prendono il nome di commissari liquidatori). Il loro compito è di procedere al blocco dei pagamenti, se non è stato effettuato in precedenza, e di eseguire il riparto dell’attivo societario tra i vari creditori, risultanti dagli ultimi documenti di bilancio. Va ricordato, però, che la legge prevede un sistema di garanzie molto efficaci per tutti i depositanti di una banca finita in fase di dissesto. Per recuperare i soldi in giacenza sul conto (fino a un massimo di circa 103mila euro per ogni correntista), la clientela può rivalersi infatti su due organismi differenti: il Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi (un consorzio creato dai principali istituti di credito italiani) oppure il Fondo di Garanzia dei Depositanti (riservato ai clienti delle banche di credito cooperativo). Anche chi risulta debitore della banca, anziché creditore, in teoria può dormire sonni tranquilli. Anche se in fase di dissesto, un istituto di credito non ha infatti alcun titolo giuridico per pretendere da chi ha acceso un mutuo o un prestito il rimborso della somma finanziata prima della scadenza pattuita. Discorso diverso per i debiti a revoca, come lo scoperto di conto, il cui rimborso potrebbe, almeno sulla carta, essere richiesto subito.
Le banche nel mirino di Palazzo Koch,dati aggiornati al 10 gennaio 2011 (nome istituto e sede)Banca di Cagliari di Credito Cooperativo CagliariBanca di Credito dei Farmacisti Ancona Banca di Cosenza Credito Cooperativo Cosenza Banca Carim-Cassa di Risparmio di Rimini RiminiBanca Mb Milano Banca Popolare di Garanzia (in liquidazione coatta amministrativa) PadovaBanca Popolare Valle D’Itria e Magna Grecia (in liquidazione coatta amministrativa) Martina Franca (TA)Bcc del Molise (fusa nell’ottobre scorso con la BCC Sangro Teatina di Atessa ) San Martino in Pensilis (CB)Bcc di Offanengo Offanengo (CR)Bcc di Sibaritide Spezzano Albanese (Cs)Bcc di San Vincenzo la Costa San Vincenzo la Costa (Cs)Bcc di Scandale Scandale (Kr)Ber-Banco Emiliano Romagnolo BolognaCredito di Romagna ForlìCredito Cooperativo Fiorentino Campi Bisenzio (Fi)Mantovabanca 1896 Asola (Mn)Mobilmat – Istituto di Moneta Elettronica Arezzo
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