È cinese l’app di intelligenza artificiale che sta agitando (e non poco) i titoli del settore: si chiama DeepSeek e, a quanto pare, è già riuscita a superare i colossi d’America con uno sforzo economico molto più basso. L’impatto del suo lancio è stato immediato e praticamente devastante per i mercati finanziari globali: Nvidia, leader indiscusso nella produzione di microchip per applicazioni AI ha subito una pesante perdita di valore azionario.
Dopo l’avvio delle contrattazioni a Wall Street, il titolo ha registrato un crollo del 16,86%, corrispondente a una perdita di oltre 589 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato. Il Nasdaq, fortemente esposto ai titoli tecnologici, ha chiuso con un calo del 3,07%, mentre altre big tech come Broadcom, Arm e AMD hanno visto perdite simili. Questo sell-off è stato innescato dalla notizia che la startup cinese, poco conosciuta fino a poche settimane fa, è riuscita a lanciare un modello di intelligenza artificiale generativa estremamente performante e, soprattutto, molto economico.
Il nervosismo sui mercati è comprensibile, considerando che Nvidia ha costruito gran parte della sua recente crescita proprio sulle prospettive di un’espansione nel settore dell’intelligenza artificiale: le sue GPU avanzate, indispensabili per l’addestramento dei modelli AI di ultima generazione, rappresentano una componente chiave delle infrastrutture digitali utilizzate da aziende come OpenAI e Google.
Ora, arriva il problema: DeepSeek ha dimostrato che l’intelligenza artificiale di alto livello può essere sviluppata anche senza affidarsi a hardware estremamente costosi. La startup cinese ha infatti dichiarato di aver utilizzato una frazione delle GPU solitamente impiegate dalle big tech americane e di aver ridotto drasticamente i costi di training dei suoi modelli.
Ma facendo un passo indietro, cos’è e quando è nata DeepSeek? La startup è stata fondata nel 2023 da Liang Wenfeng, con il supporto dell’hedge fund cinese High-Flyer di Hangzhou. Il modello di punta dell’azienda, DeepSeek-R1, è stato rilasciato all’inizio del 2025 e ha rapidamente attirato l’attenzione per le sue capacità avanzate: è infatti in grado di risolvere problemi matematici complessi, generare codice e rispondere a domande con una precisione paragonabile ai migliori chatbot sul mercato.
Come abbiamo detto, però, il suo vero punto di forza sono i suoi costi ridotti: secondo le stime, il modello è stato sviluppato con un budget inferiore ai 6 milioni di dollari e utilizzando appena 2.000 GPU, rispetto alle 100.000 GPU tipicamente necessarie per addestrare modelli occidentali comparabili. Ma non è tutto qui, perché un altro aspetto che rende unica la startup cinese è la sua natura open source: chiunque può accedere al codice del modello e utilizzarlo gratuitamente, cosa che rappresenta un’altra sfida diretta ai modelli di business delle big tech americane, che spesso offrono le loro soluzioni AI attraverso costosi abbonamenti.
È tutto oro quello che luccica? Non proprio: anche se l’app ha rapidamente conquistato gli utenti globali, diventando la più scaricata sia in Cina che negli Stati Uniti, l’azienda dichiarato di aver subito attacchi informatici su larga scala e ha deciso di limitare temporaneamente la registrazione di nuovi utenti ai suoi servizi. Non cambia però il fatto che il suo successo sia un campanello d’allarme per i colossi americani e per l’industria dei semiconduttori nel suo complesso.
Nvidia, che fino a poche settimane fa era considerata il pilastro dell’ecosistema AI globale, si trova ora a dover rivedere le proprie strategie di crescita e l’industria tecnologica si trova davanti a un bivio: da un lato, l’innovazione della startup cinese potrebbe spingere i colossi americani a ridurre i costi e ottimizzare i loro processi, ma dall’altra si pongono interrogativi sulla sostenibilità dei modelli di business esistenti e sul futuro della leadership tecnologica occidentale.
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