A guardare i numeri verrebbe quasi da chiedersi come sia possibile arrestare l’emorragia interna a Piazza Affari: 289 realtà a medio-grande capitalizzazione hanno lasciato Borsa Italiana in poco più di vent’anni, a partire dal 2002. A questo lungo elenco, che comprende realtà come Atlantia, Autogrill, Exor, Ubi e Cnh, si aggiungerà presto Tod’s e, probabilmente, Saras.
Perché le aziende lasciano Piazza Affari
A detenere il record negativo è l’annata del 2003 con ben 26 delisting, seguita dal 2006 con 17. Da quel punto in poi, comunque, ogni anno si è chiuso con almeno dieci fuoriuscite dal mercato azionario di Borsa Italiana, a parte il 2023 che si è ‘salvato’ con soli sette addii.
Perché le aziende stanno lasciando Piazza Affari? Non c’è un’unica motivazione. Un caso riguarda le acquisizioni: quando un titolo viene comprato, il delisting è automatico. È quanto è accaduto con il titolo di Ubi Banca, incorporata da Intesa Sanpaolo nel 2020.
Come evidenziato al Sole 24 Ore da Alberto Villa, responsabile Equity Research di Intermonte, fra le motivazioni che possono portare a un delisting ci sono l’insoddisfazione dei soci, le necessità legati alle ristrutturazioni interne, le ripartenze sulla base di nuove strategie, la perdita dei requisiti e i trasferimenti aziendali fuori sede, come avvenuto per Exor e Cnh. In quest’ultimo caso le società preferiscono a Borsa Italiana altri mercati più internazionali.
Borsa Italiana vedrà altri delisting in futuro. Secondo Villa, da mesi gli operatori ragionano su titolo come quello di Ferragamo, Nexi e Recordati. “Ma si tratta solo di ipotesi e di aziende non certo nuove a questo tipo di rumor”.
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