Istituiti sette anni fa per rafforzare il capitale delle imprese con gli investimenti dei risparmiatori, i quali possono beneficiare di una notevole agevolazione fiscale, i Pir negli ultimi due anni hanno visto uscire oltre 3,4 miliardi di euro. I Piani di risparmio individuale a lungo termine avrebbero dovuto veicolare la liquidità degli investitori privati verso le imprese italiane, in particolare le pmi. Ma la loro natura di contenitore fiscale si è rivelata un boomerang in Borsa per i titoli a più piccola capitalizzazione, la cui performance nel 2023 è stata frenata anche dai riscatti dei Pir.
TORNA ALL’ARTICOLO PRINCIPALE: IN FUGA DALLA BORSA
Dopo un 2022 chiuso con deflussi per -734 milioni di euro, i Pir hanno archiviato il 2023 con una raccolta netta negativa di 2,7 miliardi di euro, secondo i recenti dati dell’Osservatorio del Sole 24 Ore. I risparmiatori negli scorsi due anni hanno spostato la liquidità nei Btp, che col rialzo dei tassi ora rendono di più a fronte di un profilo di rischio più basso. Per rilanciare i Pir, che beneficiano di un forte appeal fiscale (esenzione totale dell’imposta su capital gain, interessi e dividendi, e dall’imposta di successione, ma con l’obbligo di investire almeno il 70% del portafoglio in azioni e obbligazioni di imprese italiane), il Decreto “Anticipi” prevede la possibilità per un investitore di sottoscrivere più piani individuali di risparmio.
© Riproduzione riservata