Alla fine l’Alta Corte di Hong Kong ha deciso per la liquidazione del colosso immobiliare cinese Evergrande. L’annuncio è arrivato ieri mattina dopo mesi di attesa di una ristrutturazione del debito che non è mai sembrata credibile. A nulla è servito diversificare le attività in settori come le auto elettriche.
Il gruppo di Shenzhen ha debiti per circa 330 miliardi di dollari. I creditori sperano di poter ottenere qualcosa, pensando soprattutto ai 17 miliardi di dollari di obbligazioni collocate in dollari, ma, secondo gli esperti, difficilmente potranno recuperare più del 3% del debito totale.
A gestire la liquidazione sarà Alvarez & Marsal, una nota società di consulenza che si è già occupata del crac di Lehman Brothers. In questo caso il compito è ancora più arduo perché si tratta di una prima volta per la Repubblica Popolare e non ci sono precedenti a cui guardare.
Il mercato immobiliare ha sostenuto per anni la crescita di Pechino, arrivando a coprire il 30% del Prodotto Interno lordo, dalle agenzie ai costruttori fino all’arredamento e agli elettrodomestici.
I primi segnali della bolla sono emersi nel 2020 quando una nuova legge ha obbligato le maggiori ditte edili a ridurre il proprio indebitamento. Parallelamente le banche statali non potevano più concedere credito. Evergrande è stata la prima realtà ad accusare immediatamente il colpo. Poi la crisi ha coinvolto tutti gli attori del settore, grandi e piccoli.
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