Maschio, tra 50 e 60 anni, residente nel Nord Italia. È ancora il Boomer l’investitore medio in Italia. Impiegato, dirigente, imprenditore o libero professionista, il Boomer è sul mercato del lavoro da circa trent’anni e investe in Borsa da almeno due lustri. Un periodo durante il quale ha potuto accumulare un tesoretto che cerca di far fruttare con diversi strumenti finanziari, anche con quelli più all’avanguardia, come le criptovalute. Visto che ha (o dice di avere) una certa familiarità con i mercati. Negli ultimi anni affiancano i Boomer anche gli appartenenti alla Generazione X, i nati negli anni 70, che oggi hanno raggiunto i 50 anni e han no visto aumentare il loro gruzzolo in banca, vuoi per i risparmi accumulati, vuoi per aver ereditato i patrimoni dai loro genitori.
Non è così invece per i Millennial e la Generazione Z, i nati dal 1980 in poi, che restano ancora sull’uscio. Eppure dovrebbero essere proprio i ventenni e i trentenni a essere i più disposti a investire, perché hanno davanti a loro più tempo per veder crescere i propri risparmi. Ancora poco presenti, invece, le donne che rappresentano poco più di un quinto degli investitori italiani. Un numero, quello dell’universo femminile degli investitori, che riflette il consolidato divario, non solo retributivo, fra donne e uomini in Italia, Paese che stando all’ultimo Global Gender Gap Report 2024 si colloca all’87° posto su 146 nella graduatoria per la parità di genere.
L’identikit dell’investitore italiano emerge dalle due più recenti e complete ricerche (disponibili sul web nei rispettivi siti istituzionali): il Rapporto 2024 sulle scelte di investimento delle famiglie italiane della Consob e l’Osservatorio annuale sui sottoscrittori di fondi comuni di Assogestioni, che sono diventati tra i più prodotti più utilizzati dai risparmiatori italiani, i quali vi hanno investito oggi 546 miliardi di euro del loro patrimonio finanziario.
La ridotta rappresentanza femminile riflette il divario, non solo retributivo, fra donne e uomini in Italia
Negli investimenti l’età fa la differenza
Entrambi gli studi confermano ancora una volta la predominanza maschile tra il popolo degli investitori. E l’età piuttosto avanzata di chi si approccia ai mercati finanziari. Segnale di un maggiore interesse quando si è un po’ più in là nella fase di accumulo e si hanno, quindi, le disponibilità per diversificare il proprio patrimonio in prodotti più complessi e rischiosi al di là dei depositi. In dettaglio, Consob restituisce l’immagine di investitori che in media hanno 51 anni e che sono soprattutto uomini (78% del campione).
Le donne rappresentano il restante 22%, anche se la Commissione segnala di aver rivisto al rialzo il dato femminile tenendo conto di recenti tendenze in atto, tra cui la crescita del numero di single e della maggiore presenza di situazioni famigliari in cui non c’è più una precisa divisione dei compiti che vedeva, in passato, il primato maschile sulla gestione finanziaria delle risorse. Di dieci anni più alta è, invece, l’età media del sottoscrittore di fondi comuni, stando all’Osservatorio di Assogestioni, l’associazione delle società che si occupano della gestione del risparmio soprattutto attraverso questa tipologia di prodotti finanziari. L’asticella in questo caso sale a 61 anni, anche qui con la generazione dei Boomer in evidenza, che pesa per il 41% del totale. A seguire, i risparmiatori della Generazione X, al 29%. Più bassa la partecipazione dei ventenni e dei trentenni.
«Rispetto a un anno fa, la partecipazione delle due generazioni più giovani è passata dal 13% al 15% e, di conseguenza, anche il patrimonio detenuto da Millennial e GenZ è salito dal 5% al 6% del totale. Tutto ciò conferma che gli under 40 stanno gradualmente iniziando ad aumentare la quota investita in fondi», ha commentato Riccardo Morassut, ricercatore senior dell’Ufficio studi di Assogestioni. Chi sceglie i fondi comuni, insomma, è soprattutto l’investitore maturo: una tipologia di risparmiatore che ha maggiori possibilità rispetto alle generazioni più giovani, le quali però stanno gradualmente iniziando a investire, anche per integrare propria futura pensione.
Per questo, la quota di sottoscrittori più giovani andrebbe letta in positivo: significa che stanno aumentando quelli che scelgono lo strumento dei fondi per entrare nel mercato finanziario. Quanto all’istruzione e alla cultura economica, rispetto alla disponibilità finanziaria, non sembrano essere fattori determinanti per approcciare il mondo degli investimenti. I laureati o con una formazione post laurea sono la minoranza del campione del rapporto Consob (32%), mentre il 68% degli investitori ha un titolo di studio inferiore.
Ma che lavoro fanno i risparmiatori italiani? Sono, per la maggior parte, impiegati (62%), anche se lo studio non specifica se dirigenti, quadri o subordinati. Il 17% è costituito invece da lavoratori autonomi e il 15% da pensionati. Dal campione Consob emerge, inoltre, una prevalenza delle categorie medie e medio-basse dei risparmiatori: il 40% con una ricchezza finanziaria compresa tra i 10 e i 50 mila euro, quelli che in gergo bancario sono detti mass-market, seguita comunque da un buon 32% che si colloca nella fascia tra i 50 e i 250 mila (gli affluent) e dal 12% che si è incluso in una fascia superiore (gli upper affluent e gli Hnwi, i Paperoni veri e propri).
Al di là della disponibilità del proprio conto in banca, l’investimento finanziario sembra essere nella maggior parte successivo a quello immobiliare, l’ennesima conferma della passione italiana per il mattone: quasi la totalità del campione Consob ha detto di vivere in una casa di proprietà (87%). Scorrendo l’Osservatorio di Assogestioni, invece, si scopre un Paese spaccato in due, con il 64% dei sottoscrittori che risiedono nel Nord Italia e tassi di partecipazione e livello di investimento più alti in Emilia-Romagna, Liguria, Lombardia e Piemonte. Il Nord è al primo posto anche per investimento complessivo in fondi (69%).
Obiettivo progetti futuri
Stando alla Consob, gli obiettivi di investimento più largamente diffusi tra i risparmiatori sono la protezione del capitale (81%) e i progetti personali per il futuro (70%). La tanto decantata sostenibilità (soprattutto dagli uffici marketing delle banche) piace, ma a patto di avere un rendimento finanziario elevato (48%). Fenomeno emergente dei recenti anni, la Commissione segnala che tra i fattori che possono incentivare invece l’acquisto di criptovalute emergono l’opportunità di un guadagno immediato e la possibilità di diversificare il proprio portafoglio. L’attrattività del trading online, invece, deriva principalmente «da valutazioni in merito alla comodità e al costo del servizio oltre che dalla possibilità di accedere a una gamma più ampia di prodotti e di scegliere in autonomia», spiega la Consob nel rapporto.
L’investimento finanziario è nella maggior parte successivo a quello immobiliare
Cosa piace agli italiani
Accanto ai conti deposito e ai buoni fruttiferi postali, gli strumenti preferiti per investire nel 2024 sono soprattutto i titoli di Stato (39%), fondi comuni di investimento (36%), le obbligazioni (35%) e le azioni (32%). Ancora poco diffusi nei portafogli degli investitori retail italiani i fondi comuni chiusi che permettono di investire in classi di investimento alternative e sui mercati privati, gli Eltif (acronimo che sta per European Long-Term Investment Fund), fermi al 2%.
La Commissione stima invece che il 6% dei risparmiatori utilizzi gli Etc (Exchaged Traded Commodities), strumenti finanziari che permettono di investire nelle materie prime o in derivati su materie prime. I Piani Individuali di Risparmio (Pir), che avevano l’obiettivo di veicolare parte dei risparmi sulle Pmi italiane, sono fermi al 7%.
Quanto alle somme investite in fondi comuni, tra i prodotti più utilizzati, l’indagine di Assogestioni mostra rilevanti importi da parte dei Boomer con questi prodotti, in media 58 mila euro. Le generazioni più giovani, invece, restano sotto la media nazionale: la Generazione X investe mediamente 42 mila in fondi, i Millennial 21 mila euro, mentre la Generazione Z 13 mila. In questo contesto, non stupisce che circa la metà (48%) del patrimonio complessivamente investito appartenga ai Boomer, mentre i risparmiatori della Generazione X detengono circa un quinto delle masse totali. Ai sottoscrittori più giovani è riconducibile appena il 6% del totale investito.
«Emerge la propensione di Millennial e Generazione Z a prediligere i Pac (Piani di accumulo del capitale, ndr), che permettono di investire gradualmente attraverso versamenti periodici, che possono avere entità anche molto contenute. Infatti, supera il 50% la quota dei sottoscrittori più giovani che investe in questo modo. È una modalità efficiente, che aiuta da un punto di vista comportamentale, eliminando il fattore market timing. Viceversa, oltre il 70% dei Boomer sceglie di investire in un’unica soluzione» ha aggiunto Morassut di Assogestioni.
È aumentato a dismisura la diffusione delle criptovalute, che secondo la Consob ha raggiunto il 18% dei risparmiatori, circa dieci punti in più dal 2022. Un dato che fa riflettere e che «si associa a una elevata familiarità con questa tipologia di asset digitali dato che l’86% degli intervistati dichiara di averne almeno sentito parlare», spiegano gli esperti della Consob nell’indagine. Alla familiarità dichiarata, infatti, «non sempre corrisponde un’effettiva conoscenza»: circa la metà degli intervistati non ha saputo rispondere alle domande volte a rilevare la conoscenza delle caratteristiche principali delle criptovalute e quindi anche dei rischi connessi con questi strumenti finanziari estremamente volatili.
L’indagine Consob, come di consueto, ha esplorato anche i tratti individuali che possono influenzare i comportamenti finanziari degli intervistati, tra i quali la propensione a fidarsi degli altri, che resta elevata per il 18% dei risparmiatori, la propensione al rischio (15%) o l’orizzonte temporale di investimento, che resta di breve-medio termine (tre-cinque anni) per quasi quattro risparmiatori su dieci. Campanello d’allarme per la diffusa overconfidence tra i risparmiatori, tanto che la maggior parte ha dichiarato di assumere alcune delle decisioni finanziarie in autonomia (42%). Una percentuale lievemente più bassa (40%) ha detto, invece, di rivolgersi a un consulente finanziario o a un addetto allo sportello. Ancora in molti, infine, sperano di guadagnare grazie a una “dritta”: il 32% ha detto di aver preso in considerazione anche la consulenza informale di parenti, amici o colleghi che non sono considerati però esperti in materia finanziaria.
Articolo pubblicato sul numero di Business People di novembre 2024. Scarica il numero o abbonati qui
© Riproduzione riservata