Quella di Tesla è una missione ormai più che un semplice progetto di business. Perché se fossero solo affari, le auto elettriche da sogno di Elon Musk sarebbero già fallite, almeno a guardare i conti. Basta guardare i primi numeri della Model 3, la prima Tesla accessibile (35 mila dollari) che è appena arrivata in consegna. Per sostenere lo sviluppo del nuovo modello, Tesla ha bruciato 1,16 miliardi di cassa nel secondo trimestre 2017.
Il risultato era atteso, anzi è migliore delle aspettative che parlavano di un flusso di cassa negativo per 1,3 miliardi. Il periodo si è chiuso quindi con perdite in aumento a 336 milioni di dollari a fronte di ricavi per 2,79 miliardi. E così i nuovi dati hanno portato a nuovi guadagni in Borsa: comprensibile, ma in fondo paradossale. Le perdite sono dovute agli investimenti per allargare gli impianti produttivi e migliorare la rete di supporto alla clientela. Tesla ha ancora 3 miliardi da spendere, ma ne serviranno almeno altri 2 nella seconda parte del 2017 per completare la transizione della produzione da poche decine di auto a migliaia alla settimana.
Musk ha scritto ai suoi azionisti che «in aggiunta a un aumento degli ordini del Model S e del suv Model X, la risposta dei consumatori alla Model 3 è stata incredibile». Dalla consegna dei primi 30 esemplari, arrivano 1.800 prenotazioni al giorno. Le consegne? Non sono un problema, anzi sono proprio un mistero. Ma la fede nella rivoluzione Tesla è inscalfibile. Per ora, infatti, le consegne sono state effettuate solo ai dipendenti: quelle “esterne” cominceranno solo nel quarto trimestre dell’anno. La previsioni industriali parlano di 1.500 veicoli prodotti nel terzo trimestre e d 5 mila auto a settimana entro la fine dell’anno, per portare poi la produzione a 10 mila unità a settimana nel corso del 2018.
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