La Bce all’Italia: servono riforme significative per incrementare il Pil

Con riforme attuate contestualmente sia nel mercato del lavoro che nel settore dei beni e servizi, il Pil italiano potrebbe aumentare di oltre il 10%

Le riforme, purché “significative”: è questa la strada indicata dalla Bce per accrescere il Pil italiano. Nell’ultimo bollettino economico della Banca centrale per la moneta unica europea, si legge: “L’Italia necessita di ulteriori riforme strutturali per accrescere il prodotto potenziale. Esistono diversi studi riguardanti il possibile impatto delle riforme strutturali. In caso di riforme significative nel mercato del lavoro e in quello dei beni e servizi che allineerebbero l’Italia con le migliori prassi, il Pil potrebbe crescere di oltre il 10% nel lungo periodo”.

Il testo insiste tra l’altro sulla necessaria concomitanza di attuazione tra le riforme destinate al mercato del lavoro e quelle rivolte ai beni e i servizi: “L’attuazione concomitante delle riforme in entrambi i mercati potrebbe determinare un incremento del prodotto ancora maggiore”, si legge. Non solo. L’Italia, insieme al Belgio, continua a mostrare “un notevole scostamento dallo sforzo strutturale richiesto nell’ambito della regola del debito”. Più in generale, invece, la Bce ha rivisto le stime del Pil, rialzandolo all’1,5% in termini reali per il 2015, all’1,9% per il 2016, al +2,1% per il 2017 nell’Eurozona. In particolare, per la Bce l’attuale ripresa economica sarebbe agevolata dall’indebolimento dell’euro, dal calo del prezzo del petrolio e dalla ritrovata fiducia delle imprese. Tuttavia, il bollettino denuncia crescenti squilibri nei conti dei diversi Paesi: “Vari fattori continuano a ostacolare una ripresa più robusta dell’attività. Tra questi figurano principalmente il processo di aggiustamento dei bilanci in corso in diversi settori e il ritmo piuttosto lento di attuazione delle riforme strutturali. Inoltre, l’incertezza perdurante, ancorché in diminuzione, connessa alla crisi del debito sovrano a livello europeo e fattori geopolitici frenano la crescita nell’area dell’euro”. Va meglio invece sul piano occupazionale: la ripresa è trainata dai mercati tedeschi, spagnoli, portoghesi e greci.

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