L’austerità non paga, anzi, tra il 2010 e il 2013 è costata all’Europa qualcosa come mille miliardi di euro. È questa la tesi di Sebastian Dullien, professore all’università di Berlino, che critica duramente la politica del suo cancelliere Angela Merkel nell’affrontare la crisi economica. Secondo Dullien, se l’Unione avesse adottato una politica espansiva, come quella adottata negli Stati Uniti, ora l’economia dell’Eurozona sarebbe molto più in salute. L’analisi parte dal 2010, quando l’economia americana e quella europea, sono più o meno nella stessa situazione: hanno perso la stessa quota di Pil e le banche hanno avuto le stesse perdite; a dirla tutta, in materia di finanza pubblica, l’Eurozona sta meglio con l’86% di debito rispetto al Pil, contro il 95% degli Usa. La cura, però, è decisamente differente. La politica della Fed è più incisiva della Banca centrale europea, negli Stati Uniti, inoltre, il disavanzo pubblico passa in secondo piano mentre in Europa si guarda solo al deficit. Risultato? Tra il 2010 e il 2013 nell’Eurozona si è registrata una perdita del Pil pari al 10%, all’incirca 950 miliardi di euro, 3 mila euro pro capite. È servito a risanare il bilancio? Macché. Negli Stati Uniti la politica di stimolo ha comportato un aumento del rapporto debito/Pil dal 94,8 al 104,%, ma in Europa quel rapporto è cresciuto ugualmente: dall’85,7 al 95,2%. Perché? Semplice, l’austerity ha sì ridotto il debito, ma ha anche tranciato le gambe al Pil che, diminuendo più del debito pubblico, ha aumentato il deficit dell’Eurozona.
© Riproduzione riservataL’austerity? È costata, per ora, mille miliardi di euro
Le politiche economiche imposte dalla Germania di Angela Merkel non pagano. Se l’Europa avesse seguito la politica economica espansiva degli Stati Uniti, ora la sua economia sarebbe molto più forte. La tesi di Sebastian Dullien, professore all’Università di Berlino