“Google Suggest responsabile di diffamazione” ‎

Per il Tribunale di Milano l’algoritmo automatico che suggerisce la ricerca di Google è diffamante, se accosta il nome di una persona a parole che ne ledono la professionalità o la dignità

Provate anche voi: scrivete una parola nell’area di ricerca di Google. Mentre digitate sulla tastiera, molto probabilmente l’algoritmo di Mountain View vi suggerirà alcune parole, spesso utili, altre volte meno. Capita, però, che accanto a un nome o a una parola possano venire associati termini diffamatori di cui Google, da oggi, dovrà rispondere. È quanto stabilito dal Tribunale di Milano che ha accolto il ricorso di un cittadino sentitosi diffamato dalle parole che il servizio Google Suggest associava al suo nome. La corte ha respinto il reclamo della società californiana e le ha imposto di eliminare quell’accostamento, addebitandole le spese di lite. Un precedente che alimenta l’idea secondo cui gli algoritmi non sono neutri e rende i motori di ricerca responsabili nei confronti dei contenuti web indicizzati.

Il casoUn imprenditore finanziario che organizza corsi formativi e pubblicizza la sua attività attraverso la Rete, si accorge che inserendo il suo nome in Google, l’algoritmo include nella ricerca anche le parole “truffa” o “truffatore”. L’imprenditore non ha chiesto filtri preventivi per impedire un abbinamento di parole sgradito, ma si è lamentato che Google non abbia eliminato gli accostamenti dopo la sua segnalazione facendo così riferimento alle norme europee sugli hosting provider che sono responsabili delle informazioni fornite agli utenti solo se non intervengono per rimuoverle dopo essere stati messi al corrente di un illecito (un caso simili è accaduto anche in Italia, ma non per diffamazione – Leggi).Google si è difesa dicendo che il motore di ricerca è neutrale e quindi non è responsabile dell’abbinamento sgradito. Google, infatti, suggerisce le parole chiave che ricorrono più di frequente con quella cercata nelle ricerche degli altri utenti. Il giudice, però, non è stato d’accordo. Per il giudice il suggerimento automatico perde la neutralità quando produce un abbinamento improprio tra le parole. “E’ la scelta a monte e l’utilizzo di tale sistema – scrive il giudice – e dei suoi particolari meccanismi di operatività a determinare – a valle – l’addebitabilità a Google dei risultati che il meccanismo così ideato produce; con la sua conseguente responsabilità extracontrattuale (ex art. 2043 c. c.) per i risultati eventualmente lesivi determinati dal meccanismo di funzionamento di questo particolare sistema di ricerca. Si tratta di una scelta che ha chiaramente una valenza commerciale ben precisa, connessa con l’evidenziata agevolazione della ricerca e quindi finalizzata a incentivare l’utilizzo (così reso più facile e rapido per l’utente) del motore di ricerca gestito da Google”.

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