Il turismo in Italia vale il 10% del Pil, ma sta cambiando volto

La spesa globale del settore raggiungerà gli 8,6 trilioni di dollari entro la fine del 2024, ma sono cambiati gli approcci e i desideri dei turisti

Cambiano le destinazioni e gli approcci: questo è ciò che dice il report di McKinsey & Company sul turismo© Shutterstock

Se c’è un settore che, almeno per il momento, sembra mantenere salda la sua rotta, è quello del turismo. Dopo (l’inevitabile) calo del 75% nel 2020, i battiti di viaggi, ospitalità e ricettività sembrano star tornando nella norma avvicinandosi sempre di più a un completo recupero: così emerge da uno studio promosso da McKinsey & Company sullo stato dell’industria turistica.

A commentarlo accendendo i riflettori sull’Italia è Riccardo Boin, partner McKinsey & Company, che fa subito chiarezza su un dato importante: nel nostro Paese il settore vale il 10% del Pil e nel 2024 è proprio quello che è cresciuto più di tutti. «Con 134 milioni di arrivi e 451 milioni di presenze (massimo numero registrato e in crescita del 3,3% sul 2019) nel 2023 – sottolinea Boin – le presenze turistiche sono cresciute del 3,3% rispetto al 2019».

Boin si riferisce poi allo studio globale, titolato The state of Tourism and Hospitality 2024, che lancia dei messaggi positivi. Si prevede infatti che la spesa del settore raggiungerà gli 8,6 trilioni di dollari entro la fine del 2024. Attualmente, il 33% degli intervistati dichiara di avere intenzione di spendere per i viaggi, ma attenzione: anche gli interessi e i desideri cambiano ed è bene tenerlo in considerazione.

Negli ultimi quattro anni, infatti, il settore turistico si è trasformato. Le parole chiave sono innovazione e personalizzazione: secondo i dati di McKinsey & Company, infatti, bisogna allontanarsi dalle proposte più canoniche e banali e guardare sempre più ai differenti target, che hanno obiettivi e desideri unici nel loro genere.

Secondo il report a cambiare sono in primis le destinazioni più ricercate. Anche se i viaggi internazionali restano in voga e fanno decisamente gola, quelli che cambiano le regole del gioco sono i viaggi vicino casa. I turisti desiderano sempre più opportunità a livello locale, con un turismo intra-regionale in aumento. E non solo in Italia: negli Stati Uniti il 68% di tutti i viaggi restano all’interno dei confini.

Lo stesso accade in Cina, dove i viaggi nazionali pesano per 744 miliardi di dollari, un mercato destinato a crescere del 12% all’anno per diventare il più grande al mondo entro il 2030. Anche in Europa il 70% dei viaggi internazionali fatti da viaggiatori europei è nel continente e le mete più gettonate sono Spagna (18%), Italia (10%) e Francia (8%).

A crescere è soprattutto la domanda di viaggi esperienziali, ritenuti estremamente soddisfacenti e stimolanti, ma ad avere sempre più peso sono anche i viaggi di lusso. Secondo il report, il loro volto sta cambiando in tutto il mondo perché i viaggiatori luxury sono tutto fuorché facilmente inquadrabili. I dati di McKinsey & Company mostrano un’ampia segmentazione per età, nazionalità e patrimonio netto, che cambia regole apparentemente incise nella pietra.

Il segmento luxury si sta evolvendo anche in Italia: non è tanto il conto in banca a influire, quanto il desiderio di trascorrere più tempo in un posto per vivere appieno la sua cultura e il suo stile di vita, la ricerca di privacy e di esclusività sia per ciò che concerne gli affitti sia per eventuali tour.

Un’altra cosa da considerare attentamente, secondo lo studio, è il sovraffollamento. L’overtourism ha già creato molto malcontento in diverse zone del mondo, di conseguenza è fondamentale essere pronti a gestire i grandi flussi turistici. Per ciò che concerne il nostro Paese, la soluzione sarebbe la destination readiness, ovvero saper gestire il successo di una destinazione lavorando su infrastrutture di accesso e di ospitalità con una pianificazione lungimirante dei flussi attesi.

© Riproduzione riservata