Infedele e alla ricerca di alternative: ecco com’è il consumatore contemporaneo

Dalla pandemia i consumatori sono diventati più volubili e meno fedeli: la ricerca State of consumer di McKinsey traccia un profilo accurato

Meno fedeltà al marchio, meno brand loyalty, più esplorazione: i nuovi trend del consumatore medio© Shutterstock

Pare proprio che sia un dato di fatto: il consumatore di oggi ha sostituito la brand loyalty con la ricerca di valore e convenienza, dunque la fedeltà ai marchi è un ricordo del passato. I clienti odierni si comportano in modo sempre più particolare e imprevedibile, tenendo i produttori e i rivenditori di beni di consumo sulle spine. Se in passato bastava il nome di un brand a fare da garanzia, oggi le cose stanno in modo molto diverso, perché a fare la differenza è la capacità di accattivare, catturare e, sì, trattenere.

Tutto ciò emerge chiaramente da State of the Consumer 2024, ricerca promossa da McKinsey. L’indagine e le relative conclusioni sono basate sui dati raccolti dalla società di consulenza nell’ambito di ConsumerWise, un’analisi sull’andamento dei consumi globali effettuata grazie a delle interviste sottoposte a 15mila consumatori in 18 mercati che rappresentano il 90% del Pil mondiale.

Ciò che viene a galla è, appunto, il profilo del consumatore medio contemporaneo. Perennemente online, iperconnesso e attento alla comunicazione transmediale, ma anche sempre più disorientato e, soprattutto, come abbiamo già accennato, privo di quella fiducia nel marchio che un tempo costituiva uno dei pilastri della scelta d’acquisto.

Questo profilo ha iniziato a delinearsi durante durante la pandemia, quando molti consumatori hanno scelto prodotti o brand nuovi a causa delle interruzioni nelle catene di approvvigionamento e quando hanno continuato a selezionarli per trovare prezzi migliori. Adesso si è consolidato ed è diventato al contempo una sfida per i brand storici e un’opportunità per i nuovi marchi, che possono colpire nel segno facendo leva sulla sua volubilità.

Se da una parte, secondo la ricerca di McKinsey, il profilo del consumatore è infedele, dall’altra parte i marchi si ritrovano ad avere maggiori responsabilità per padroneggiare il proprio destino e direzionare la propria fortuna. Il primo passo è sviluppare una capacità di segmentazione quantitativa, per offrire servizi maggiormente personalizzati.

Poi, occorre migliorare l’esperienza social e digitale, investire in mercati in crescita e innovare prodotti e servizi in modo davvero differenziante, tenendo in considerazione quelli che McKinsey ha identificato come i trend del futuro: i primi tre sono l‘avanzata degli Zoomer (entro il 2030 il 75% dei consumatori dei mercati emergenti avrà un’età tra 15 e 34 anni), la capacità e disponibilità all’acquisto da parte dei pensionati e la forte pressione che graverà sulla fascia media.

Seguono la propensione all’esplorazione di alternative, i compromessi (anche in termini di sostenibilità) di fronte all’incertezza economica e all’inflazione, l’importanza crescente del wellness (specie nel settore femminile) e la necessità di creare hot-spot urbani e social commerce curatissimi.

La sfida reale è quella di vincere la battaglia dell’attenzione mantenendo alto il potenziale reputazionale, che aumenta esponenzialmente grazie al sapiente uso dei social e alla riprova sociale. Per riuscire a fronteggiare il loro avanzamento, anche i brand più iconici devono imparare a muoversi in maniera veloce, quasi istantanea, ricordando di mettere al centro il consumatore.

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