Interventi mirati a tutelare, quando e come possibile, i marchi storici italiani. Il concetto inserito nella legge per il made in Italy dal governo Meloni sembra star prendendo forma. L’idea è stata declinata nel decreto attuativo del Mimit (Ministero delle Imprese e del made in Italy) e prevede l’opzione di offrire i brand storici del nostro Paese a nuovi investitori.
Non si tratta di una trovata atta a svilire la proprietà italiana, ma di una sorta di incoraggiamento da vedere alla stregua di un incentivo, di una promessa di semplificazione o di un terreno interessante su cui insediarsi. Sulla carta, passando il testimone ad attori proattivi, qualificati e in grado di fornire valido e opportuno sostegno al brand, si prolunga di fatto la sua vitalità e si incrementa il suo valore.
Per regolare il passaggio, il decreto attuativo del Mimit si compone di un testo predisposto per l’esame della Corte dei conti che si struttura in cinque articoli. Il testo regola due possibili interventi: il subentro direttamente da parte del ministero nella titolarità del marchio che l’impresa intende cessare e il deposito tout court di un marchio che risulta inutilizzato da almeno cinque anni.
Di fatto, per procedere con uno dei due interventi in oggetto, il marchio deve essere incamerato allo Stato. A questo punto, il diritto di utilizzo può essere concesso a titolo gratuito all’investitore di turno. A cambiare sono le modalità in base all’impresa, all’età del marchio e all’interesse del ministero stesso.
Nel dettaglio, il subentro da parte del ministero riguarda i marchi storici (registrati o usati continuativamente da almeno 50 anni) in procinto di cessare le attività. In questo caso deve essere l’impresa titolare o licenziataria anotificare alla Dg Politica industriale del ministero il proprio intento di cessazione, almeno 6 mesi prima di metterlo in pratica. Fatto ciò, il Mimit provvederà a rendere disponibile un format da seguire.
Il format consentirà all’impresa di spiegare nel dettaglio come si intende chiudere il progetto. Non solo: bisognerà anche specificare per quale motivo l’attività sta cessando e quali sono gli effetti che possono derivarne. Prima della cessazione delle attività produttive collegate, inoltre, l’impresa dovrà specificare che il marchio non sarà ceduto a titolo oneroso.
Seguito questo iter, il ministero si prenderà tre mesi di tempo per valutare l’interesse a subentrare. In questa finestra temporale l’impresa non può disporre del marchio per cederlo nemmeno a titolo gratuito. Se il Mimit manifesta interesse, l’impresa, entro i successivi due mesi, cede gratuitamente il marchio al dicastero e successivamente la Dg politica industriale comunica all’Ufficio italiano brevetti e marchi la variazione di titolarità.
Riguardo invece al deposito tout court, a essere interessati sono i marchi storici per i quali si presume il non utilizzo da almeno cinque anni e che risultano di particolare interesse e valenza nazionale. Se ci sono questi due requisiti, la Dg del ministero può formulare istanza di decadenza del marchio all’ufficio brevetti e marchi. Se la domanda è accolta, la Dg a quel punto deposita domanda di registrazione.
Sia che si proceda lungo il primo percorso sia che si proceda lungo il secondo, una volta titolare dei marchi storici il ministero stila un elenco che rende pubblico in modo da garantirne la «conoscibilità» da parte degli operatori economici potenzialmente interessati. In pratica, i marchi passati allo Stato finiranno in vetrina per attrarre nuovi investitori, in primis quelli stranieri, anche extra-europei, che magari possono entrare nel nostro mercato fregiandosi dell’etichetta storica del made in Italy.
Naturalmente, il passaggio agli investitori avverrà non prima di una serie di accertamenti. Le imprese interessate dovranno, per iniziare, formulare la richiesta indicando gli elementi principali del progetto, con particolare riferimento alle ricadute occupazionali. A quel punto scatteranno delle valutazioni (che possono essere comparative se ci sono più candidature) ella durata di un paio di mesi.
Le valutazioni si effettueranno sulla base di cinque criteri: entità dell’investimento, ricadute occupazionali, settore di riferimento, localizzazione dell’investimento, tempi di realizzazione. Una volta riconosciuto all’investitore prescelto il diritto di utilizzo, il marchio viene messo a disposizione mediante contratto di licenza gratuita per almeno 10 anni, prorogabili. A carico del licenziatario ci saranno solo gli oneri di gestione, compresi quelli di rinnovo. Il contratto si scioglie automaticamente, però, nel caso in cui l’impresa cessi l’attività o delocalizzi all’estero gli stabilimenti produttivi.
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