Maurizio Decollanz (Ibm): fedeli a noi stessi

Il mondo cambia e con esso mutano gli strumenti, le tecnologie, persino i prodotti offerti dalle imprese. Quello che non deve cambiare sono i valori fondanti dell’azienda. Come spiega il direttore Marketing e Comunicazione per l’Italia di Big Blue

Maurizio Decollanz (Ibm): fedeli a noi stessiDopo una carriera giornalistica, Maurizio Decollanz è entrato in Ibm nel 2017. Dal 2023 è Chief Marketing & Communication Officer Italy

In azienda dal 2017, nel gennaio 2023 Maurizio Decollanz ha aggiunto ai suoi incarichi anche la guida del marketing di Ibm Italia, riunendo in un’unica funzione le direzioni di comunicazione interna ed esterna, eventi e marketing appunto. Un aspetto poco diffuso, ma per lui fondamentale: «Di fronte alle sfide poste dall’evoluzione tecnologica, avere una concertazione di queste funzioni credo sia esattamente ciò che serve non solo alle aziende ma anche ai percorsi formativi», osserva. «Se queste discipline sapranno parlarsi di più e meglio, imparando le une dalle altre, andrà a vantaggio di tutti: professionisti, aziende e loro clienti».

A proposito della sua esperienza professionale, come lavorate in Ibm perché la comunicazione d’impresa sia efficace e contribuisca a creare un rapporto di fiducia con partner e clienti?
Il primo aspetto su cui ci concentriamo è quello della coerenza e della trasparenza, del rispetto dei nostri valori di affidabilità, di identità e di reputazione. Ibm è un’azienda con una lunga tradizione, che in 110 anni di storia è sempre rimasta fedele a sé stessa. È questo il punto di partenza su cui lavorare. Il secondo aspetto per noi fondamentale è passare dallo storytelling allo storydoing. Preferiamo parlare dei progetti realizzati e dei risultati raggiunti e, solo successivamente, raccontare attraverso quali tecnologie sono diventati realtà. Penso che questo sia anche un modo per avvicinare il pubblico a un tema complesso come quello della trasformazione digitale e delle nuove tecnologie.

Possiamo dire che questo passaggio allo storydoing abbia rappresentato la principale evoluzione della vostra comunicazione d’impresa?
È stato certamente importante, ma si è verificata anche un’evoluzione in termini di competenze e tecnologie. Sono entrato in Ibm solo sette anni fa e, in questo breve periodo, ho visto la mia funzione cambiare in modo significativo. Innanzitutto, ha guadagnato importanza in termini di leadership all’interno delle organizzazioni, e poi sono cambiati proprio gli strumenti utilizzati. Oggi, grazie all’AI generativa, facciamo in un giorno lavori che in passato avrebbero richiesto una settimana. Devo ammettere che Ibm ha iniziato a muoversi in questo campo prima di molti altri, ma al contempo ha sempre avuto un approccio molto cauto e attento all’impatto che queste tecnologie avrebbero potuto avere sulla società nel lungo periodo, in modo da poterne cogliere i benefici evitandone, al contempo, i rischi.

Possiamo, quindi, aspettarci un’ulteriore evoluzione del vostro modo di lavorare legata all’implementazione di questi strumenti?
Se penso alle opportunità offerte oggi dall’AI, immagino che il nostro lavoro sarà sempre più produttivo e allo stesso tempo “tailorizzato”. Se, infatti, da un lato il machine learning offre un’enorme capacità di analisi delle informazioni, permettendo di prendere decisioni rapide e sempre più in linea con le esigenze dei singoli clienti, dall’altra l’AI generativa consente una riduzione dei tempi di produzione tale da generare un aumento di produttività del 50-60%. In pratica, nel tempo che oggi impieghiamo per realizzare una campagna potremo idearne due.

C’è, invece, un aspetto della comunicazione di Ibm che non è cambiato e difficilmente cambierà in futuro?
Parto da lontano, dal suo motto: think. Trovo che sia valido come e più di quando è nato, nel 1915. Il nostro spirito critico va più che mai rafforzato in un mondo in cui ci troviamo a lavorare con l’AI generativa. A fare la differenza resterà sempre l’approccio umano, l’intelligenza emotiva. È questa la grande sfida che dobbiamo affrontare come esseri umani, non cedere alla tentazione di delegare alla macchina lo sforzo di pensare, solo così rimarremo rilevanti.

In sintesi, qual è la qualità imprescindibile di una efficace comunicazione d’impresa?
Una comunicazione è efficace quanto più riesce a entrare in sintonia con le persone. Da qui, come dicevo prima, la necessità di non parlare della tecnologia in sé, ma dei benefici che può offrire. Solo così si riesce a catturare l’attenzione di chi ti guarda e ti ascolta e, soprattutto, a fornire un’informazioni utili.

Quali sono, invece, le caratteristiche essenziali di un buon comunicatore?
In primis la curiosità, intesa come carburante del pensiero. Non bisogna mai dare nulla per scontato, ma cercare di imparare sempre qualcosa di nuovo, sperimentare continuamente senza mai accontentarsi. E poi l’empatia, la capacità di lavorare in squadra. Qualità a rischio in una società come quella moderna, che spinge pericolosamente a portare avanti i propri compiti in solitaria, senza fare la “fatica” di interfacciarsi con gli altri.

L’errore più frequente che le aziende finiscono per commettere in materia di comunicazione?
Dare le cose per scontate e procedere guardandosi i piedi invece di alzare lo sguardo verso l’orizzonte. Troppo spesso le imprese tendono a guardarsi all’interno senza tenere conto che il mondo esterno sta andando in un’altra direzione.

Come diceva, Ibm è un’azienda con 110 anni di storia, che però opera nel mondo della tecnologia ed è per questo votata all’innovazione continua. Come costruire una comunicazione coerente del brand, dovendo parlare contemporaneamente di heritage e cambiamento?
Quando lo dico suscito incredulità, ma la verità è che Ibm è rimasta sempre la stessa dalla sua fondazione a oggi. Eppure, mi dirà, negli anni 20 produceva bilance di precisione e orologi marcatempo. Oggi invece si distingue per l’intelligenza artificiale, i supercomputer e la consulenza alle imprese. Il concetto chiave è che ha sempre sfruttato l’innovazione scientifica e tecnologica per migliorare la vita delle persone. Quindi l’anima e la credibilità di Ibm, i suoi valori, sono rimasti sempre gli stessi ed è su questo principio che facciamo leva nel raccontarla: noi siamo quegli innovatori che continueranno a seguire l’evoluzione della tecnologia e della scienza per offrire soluzioni che permettono di cogliere opportunità e risolvere problemi.

Maurizio Decollanz (Ibm): fedeli a noi stessi

Uno scatto dell’Ibm Studios, in piazza Gae Aulenti a Milano, progettato da Michele De Lucchi

Anche Ibm Italia ormai è vicina al secolo di storia, In questi anni di cose ne ha fatte davvero tante e di conseguenza tanti sono i prodotti, le iniziative e i valori da comunicare. Come condensare tutto in un messaggio semplice e comprensibile, ma non banale?
In questo caso, quello che conta è il radicamento sul territorio. La presenza storica di Ibm in questo Paese le ha permesso di creare una relazione strettissima con il mondo del fare. Ed è questa coerenza che si ritrova nel racconto dei progetti realizzati con e per aziende che rappresentano il cuore operativo dell’Italia. È così che ci raccontiamo e credo che la nostra coerenza venga riconosciuta. Noi comunichiamo principalmente attraverso testimonial, che sono in primo luogo le nostre persone e poi le aziende clienti.

Come comunicate alle vostre persone perché arrivino a ricoprire questo ruolo di ambassador?
In Ibm Italia la comunicazione interna ha la stessa importanza della comunicazione esterna. Viene gestita con la stessa precisione e con la stessa passione, perché è fondamentale che tutti abbiano una profonda conoscenza di chi siamo, cosa facciamo e perché. Questo è il vero motore della brand identity e, soprattutto, il bene più prezioso di ogni azienda: la reputazione.

Ibm ha la particolarità di essere un’azienda B2B: questo come cambia il modo di fare comunicazione?
Avere come target un’audience ristretta quali i c-level credo renda il nostro lavoro ancora più sfidante, perché estremamente mirato su determinati aspetti e professionalità. In sostanza, richiede un utilizzo ancora più disciplinato delle nuove tecnologie, affinché le informazioni tratte dai dati possano essere sfruttate per lavorare in modo il più possibile personalizzato.

Che ruolo e importanza ha per l’azienda avere un luogo fisico d’incontro come l’Ibm Studios Milano?
È un luogo strategico – oltre che per la sua bellezza per la quale dobbiamo ringraziare l’architetto Michele De Lucchi –, perché semplicemente guardandolo comunica un messaggio in linea con la nostra identità. È sostenibile, è innovativo, è tecnologico: rispecchia perfettamente Ibm. Quindi è un asset straordinario. Ma soprattutto è straordinaria l’attività che ospita, perché quello è fondamentalmente un luogo d’incontro per pensare, tutti assieme, al presente e al futuro in chiave innovativa.


Questa intervista a Maurizio Decollanz è tratta da Comunicare è un’impresa – Imperativo coerenza, inserto di Business People di settembre 2024.Scarica il numero o abbonati qui

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