Storytelling e leadership: l’arte di comunicare dentro e fuori l’azienda

Nel business la comunicazione può (anzi, deve) svilupparsi su diversi piani e in differenti direzioni. Ma affinché sia efficace deve risultare soprattutto autentica, non un esercizio di retorica. Perché saper raccontarsi e raccontare è una qualità della leadership

Storytelling e leadership: l'arte di comunicare dentro e fuori l'azienda© Getty Images

Parliamo, scriviamo, esprimiamo idee, emozioni, trasferiamo conoscenze. Trasmettiamo informazioni o raccontiamo storie. Lo facciamo con le parole, scritte o dette, attraverso il linguaggio del corpo, attraverso le immagini. Facciamo storytelling, come sottolinea Alessandro Baricco, persino quando al mattino scegliamo che abito indossare. Un abito che – in qualche misura – parlerà di noi, racconterà almeno in parte chi siamo. In sintesi, possiamo dire che «siamo una specie-ultra-comunicante», per utilizzare le parole di un’altra grande comunicatrice, appunto, nonché una delle più storiche pubblicitarie italiane: Annamaria Testa. Sul palco di una recente edizione del Marketing Forum di Performance Strategies.  Testa ha, infatti, ricordato quanto saper comunicare in modo progettuale sia esattamente parte di ciò che più ci rende umani e in grado di evolverci, di associarci e fare insieme grandi cose.
Comunichiamo in continuazione e lo facciamo dalla notte dei tempi, attraverso gesti semplici o linguaggi sofisticati, nelle situazioni più quotidiane e in occasioni più ufficiali, con obiettivi personali e relazionali o per fini professionali. Eppure, ha aggiunto la celebre pubblicitaria: «Noi siamo consapevoli del fatto che comunichiamo, ma non sempre di tutto il nostro comunicare».

Comunicare l’azienda all’esterno: brand identity e corporate value

Quanto, giustamente, osservato da Annamaria Testa vale a livello individuale, ma è ancor più vero nel business, ambito in cui comunicare implica una serie di attività e processi che coinvolgono più professionalità e che hanno diversi obiettivi, tutti di estrema rilevanza strategica. Imprese e brand, innanzitutto, comunicano su più dimensioni “spaziali”. L’azienda come sistema comunica verso l’esterno: la sua corporate identity, i valori di cui si fa portavoce e che sono alla base della sua struttura, della sua organizzazione e delle sue best practice, nonché della sua visione. E comunica con fini diversi: per coinvolgere nuovi potenziali stakeholder e investitori, per posizionarsi in un mercato sempre più competitivo con un’identità forte e solida, in grado di renderli punti di riferimento nel proprio settore o, come sempre più spesso accade, di valicare i limiti stessi di un settore per aprire nuovi mercati.

Imprese e brand comunicano poi, naturalmente, anche sul piano più squisitamente commerciale: nell’era dell’omnicanalità e degli algoritmi, una qualsiasi campagna di marketing è una delle espressioni più sfaccettate e ricca di “comunicazione” che possiamo immaginare. Dalla dimensione fisica a quella digitale, brand e imprese utilizzano una gamma di codici e linguaggi vastissima, dal verbale al non verbale, dal visivo all’uditivo, persino all’olfattivo e tattile, per fare lead generation e arrivare a nuovi pubblici, attirare l’attenzione di nuovi clienti, ampliare la target audience. Ma anche per convertire semplici segni di interesse in adopter e ambassador, per trasformare i fan in clienti, per incrementare la loyalty dei clienti già acquisiti, per costruire insieme a loro una community fondata non solo sull’apprezzamento di un prodotto o servizio, ma sulla condivisione di valori.

Comunicare l’azienda all’interno: relazionarsi con il pubblico più difficile

Poi c’è la seconda dimensione spaziale: imprese e brand comunicano al loro interno. Collaboratori e talenti sono sempre i primi “clienti”: dal loro engagement e dalla loro adesione agli obiettivi aziendali dipende non solo la produttività e lo svolgimento di un flusso di lavoro efficiente, ma la nascita e la circolazione di nuove idee, l’evoluzione e la crescita delle aziende stesse. Team coesi e autenticamente allineati sono dunque uno degli asset più preziosi per la leadership, che va però nutrita e coltivata. Applicando le best practice di un management attento ai temi più rilevanti per loro, ma anche imparando a comunicare efficacemente visioni e prospettive, obiettivi e sfide da affrontare.

Che si tratti di motivare i collaboratori più stretti o un reparto aziendale, o di riallineare i team globali diffusi in tante location, oppure riuniti in un grande evento o in videoconferenza, parlare ai collaboratori è, a tutti gli effetti, parlare a un pubblico. E spesso non un pubblico dei più semplici. A questo proposito, c’è un bellissimo esempio riportato dal giornalista Federico Buffa durante la l’ultima edizione dell’evento Public Speaking e Storytelling, sempre organizzato da Performance Strategies: un esempio di comunicazione a un pubblico ostile da cui trarre ispirazione. È il commercial girato dal marchio di birra argentino Quilmes nel 2018 in cui l’allenatore Oscar Alfredo Ruggeri affronta la folla dei tifosi, delusa e amareggiata dai mancati successi della Selección. I supporter argentini non credono più nella voglia di vincere dei giocatori della loro nazionale, cosa che mette a rischio il patto di fiducia. L’allenatore, con un breve discorso, ribalta la situazione e ravviva la loro fiducia con una tecnica che aumenta la “portata” della situazione. «A volte ai giocatori chiediamo molto di più: che ci rallegrino la vita, che ci curino da un’influenza. A Dio chiediamo meno», sono le sue parole esatte. «In tal modo», spiega Buffa, «spiana la strada per ciò che gli interessa, ovvero continuare a supportare l’Argentina la quale, metaforicamente, rappresenta l’azienda o il settore di riferimento».

Il fatto è che, come insegna l’esperienza quotidiana, parlare o scrivere non sempre basta a farsi capire. E a sua volta, specie nell’ambito business, farsi capire spesso non basta a farci dire che stiamo comunicando in modo efficace: bisogna coinvolgere. In questo caso, ampliando la visuale degli interlocutori, trovando una nuova prospettiva da cui guardare la situazione, l’allenatore sposta il confronto su un terreno più ampio in cui tutti ritrovano alla fine un “sentimento” condiviso. Con la costruzione di uno storytelling richiama i tifosi ai valori e ai motivi fondamentali del loro contratto e, al contempo, attraverso la sua capacità di esposizione e di public speaking, riesce a coinvolgere tutti, a livello emotivo e anche al livello concreto, tanto che la folla con ritrovata motivazione torna a festeggiare la squadra.

Abilità nello storytelling per una vera leadership

«Raccontare storie non è soltanto un’esigenza che abbiamo in quanto esseri umani, è anche ciò che fa girare il mondo. La politica, il business, tutto ruota intorno alle storie», ha ricordato, sempre dal palco dell’evento Public Speaking e Storytelling, Pablo Trincia, giornalista e autore di alcuni dei podcast più ascoltati e amati in Italia. Ma se per coinvolgere, come nell’esempio dell’allenatore Ruggeri, una buona storia è indispensabile, da sola non basta: occorre saperla raccontare. E qui cadono molti manager. Uno degli errori più comuni che commettono, sostiene Federico Buffa, è quello di leggere i loro discorsi. «Leggere è un deterrente terrificante», aggiunge. «Ho sempre avuto la sensazione che la forza penetrativa di quello che viene detto, indipendentemente dall’argomento, si riduca del 60-70%». L’assenza di una ritmica studiata del discorso, infatti, tende a far abbassare la soglia di attenzione, riducendo sia l’impatto emotivo, sia la vera e propria trasmissione delle informazioni. Ma c’è un secondo rischio sottolineato dallo storyteller, che è quello di erodere anche la sensazione di autenticità di ciò che si sta dicendo, perché, purtroppo, «si ha la nettissima sensazione che possa averlo scritto un altro». L’abilità nello storytelling e nel public speaking sono dunque competenze strettamente legate e formano insieme uno strumento tra i più strategici per chiunque abbia un ruolo dirigenziale e di leadership. Uno strumento che può fare la differenza tra un semplice leader per posizione e un vero e proprio punto di riferimento, in grado di “portare le persone dalla sua parte” e guidarle alla meta.


Articolo in collaborazione con Performance Strategies pubblicato su Comunicare è un’impresa – Imperativo coerenza, inserto di Business People di settembre 2024. Scarica il numero o abbonati qui

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