Si avviano a superare quota 40 miliardi di euro gli utili totali che le banche italiane realizzeranno nel 2023: secondo Fabi, il sindacato del bancari, i brillanti risultati raggiunti nei primi tre trimestri dell’anno, confrontati con quelli dei 12 mesi precedenti, consentono di stimare che i profitti del settore bancario del nostro Paese si attesteranno, complessivamente, attorno a 43 miliardi e 431 milioni.
Un risultato che sarebbe superiore di ben 17,2 miliardi (+70%) rispetto ai 25,4 miliardi di utili del 2022 e quasi il triplo se confrontati con il quinquennio precedente: nel 2021 gli utili si erano attestati a 16,4 miliardi, nel 2019 a 15,7 miliardi e nel 2018 a 15,1 miliardi; nel 2020, a causa della pandemia da Covid, il risultato complessivo fu di soli 2 miliardi.
Il 2023, dunque, sarà ricordato come un anno d’oro per i profitti delle banche italiane e già nei primi nove mesi dell’anno, che ha portato 15,7 miliardi di utili ai primi cinque gruppi, emergono in effetti indicazioni precise e quanto mai positive sulla capacità di generare utili ed essere redditizie.
I tassi di interesse spingono gli utili delle banche italiane
A favorire la crescita dei profitti sono senza dubbio le decisioni della Banca centrale europea. Se negli ultimi anni il contesto dei tassi di interesse non aveva sostenuto i numeri delle banche, specie in riferimento all’attività tradizione, infatti, lo stesso non può dirsi per l’anno ancora in corso e, in parte, per il 2022.
Gli effetti prodotti sul conto economico delle principali banche italiane sono stati strabilianti e significativi e la stagione dei conti trimestrali lo dimostra nei fatti. A soli tre mesi dalla fine del 2023, le banche sembrano essere già ben equipaggiate per affrontare la fase finale di chiusura dei conti ed utilizzare la leva del margine di interesse come “cuscinetto” per il possibile rallentamento dell’economia atteso per il 2024.
Nei primi nove mesi del 2023, i primi cinque gruppi in Italia hanno totalizzato, quasi 16 miliardi di euro di utili, in crescita del 70% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ma gli effetti indotti dalla politica della Banca centrale europea sulla redditività del margine di interesse, non solo ha riacceso l’interesse nel fare banca – digitale o non – ma fa più che sperare bene per quando i bilanci si chiuderanno.
Se a questo si aggiunge il miglioramento degli indici patrimoniali e dei livelli di liquidità, il 2023 sarà un anno da incorniciare e il prossimo biennio, stando anche alle indicazioni contenute nei documenti delle principali banche, porterà a risultati analoghi se non migliori. Va detto, inoltre, che con 15,7 miliardi di profitti, i primi cinque gruppi, nei primi nove mesi di quest’anno, hanno eguagliato il dato dell’intero sistema del 2019 e superato quello del 2018 (15,1 miliardi).
Niente tassa sugli extra profitti
Per quanto riguarda la tassa sugli extra-profitti introdotta recentemente dal governo, tutte le banche, compresi i primi cinque gruppi oggetto dell’analisi, hanno optato per l’accantonamento a riserva non distribuibile pari a 2,5 volte l’importo teorico del prelievo fiscale: per le prime cinque banche si tratta di 4,2 miliardi per il 2023.
Si tratta di una facoltà esplicitamente prevista da un emendamento al decreto legge 104 del 2023 che ha spinto gli istituti di credito del Paese a rafforzare il proprio patrimonio, evitando, così, il versamento dell’imposta straordinaria. Una strada, si precisa dal sindacato Fabi, grazie alla quale, le banche hanno probabilmente anticipato rafforzamenti patrimoniali che, in prospettiva, alla luce del probabile deteriorarsi del credito, potrebbero essere suggeriti o imposti dalle autorità di supervisione e vigilanza.
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