Come sempre a fotografare l’andamento del settore dei videogiochi in Italia è il rapporto di IIDEA, l’associazione che rappresenta l’industria di riferimento nel nostro Paese. I dati più recenti presentati ufficialmente a Roma lo scorso aprile con la presenza del sottosegretario di Stato al Ministero della Cultura, Lucia Borgonzoni, evidenziano un mercato in lieve calo rispetto al 2021.
Il mercato dei videogiochi in Italia
I numeri confermano infatti che l’anno scorso il mercato dei videogiochi in Italia ha realizzato un giro d’affari pari a 2,2 miliardi di euro (-1,2% vs 2021). Il segmento software, che rappresenta l’81,5 del totale mercato (1.791 milioni euro), registra una lievissima contrazione (-0.5%). A subire un ridimensionamento sono principalmente le vendite di software digitale, console e Pc (-1,7%) e app (-1,3%), che insieme valgono l’84,3%, mentre le vendite di software fisico, che pesano il 15,7%, crescono del 5,2%, anche per effetto del ritorno nei negozi al dettaglio post emergenza.
Le difficoltà di approvvigionamento rappresentano invece un ostacolo alla crescita del segmento hardware, che segna un -7,7% rispetto al 2021, per un giro d’affari complessivo di 409 milioni di euro (18,5% del totale del mercato).
Nel 2022 sono stati 14,2 milioni i videogiocatori in Italia tra i 6 e i 64 anni, quasi un quarto della popolazione, con un’età media di 29,8 anni. Tra le piattaforme preferite, i dispositivi mobile sono i più utilizzati (69,7%), seguiti da console (45,8%) e Pc (38%). Torna ai livelli pre-pandemici il tempo di gioco medio, che è diminuito a 7,52 ore settimanali rispetto alle 8,67 dell’anno precedente caratterizzato da lunghi periodi di lockdown.
I videogame made in Italy crescono del 30%
Dal punto di vista della produzione di videogiochi in Italia l’industria nazionale cresce e si consolida, con il definitivo passaggio da una realtà di start up a una di piccole e medie imprese. Quattro imprese su dieci, infatti, rientrano oggi nella definizione di Pmi: erano il 30% nel 2021 e appena il 17% nel 2018. AuC mentano, in particolare, le imprese con un numero di addetti tra i 10 e i 20, che passano dal 15% del 2021 al 20% attuale.
Il fatturato generato dalle imprese di produzione si aggira nel 2022 tra i 130 e i 150 milioni di euro, segnando un +30% rispetto all’anno precedente e mostrando un forte potenziale di crescita. Il mercato principale di destinazione rimane quello europeo, che esce però ridimensionato (dal 60% nel 2021 al 43%) a beneficio di quello nordamericano, la cui incidenza sul totale passa dal 25% del 2021 al 40% del 2022. Limitato il peso dell’Italia, per quanto in leggero aumento (7%).
Nel settore lavorano 2.400 persone: un numero aumentato del 50% rispetto al 2021 quando erano 1600. L’83% di loro ha meno di 36 anni, mentre uno su quattro è donna. Il 77% del fatturato deriva dal mercato B2C (+9%), mentre per il 75% dei developer italiani il Pc resta la piattaforma preferita di sviluppo: seguono mobile (50%) e console (40%).
Necessaria una strategia nazionale per lo sviluppo del settore
“Il rapporto ci conferma l’importanza dell’industria dei videogiochi nell’economia digitale, culturale e creativa del Paese. Mai come ora, anche alla luce della recente Risoluzione del Parlamento Europeo approvata lo scorso novembre, appare necessaria una strategia nazionale per lo sviluppo del settore, affinché l’Italia possa assumere un ruolo di leadership”, ha dichiarato Marco Saletta, presidente di IIDEA. “L’introduzione del tax credit per la produzione di videogiochi rappresenta un importante stimolo per la crescita dell’industria italiana. Ma per un ulteriore consolidamento diventa fondamentale una politica di sostegno nazionale alle pmi e ai talenti da sviluppare nel nostro Paese. Importante anche la collaborazione con il mondo della scuola, i videogiochi possono essere uno strumento molto utile per l’alfabetizzazione digitale, le competenze trasversali e il pensiero creativo degli studenti”.
Da dove arrivano i finanziamenti
La maggioranza degli operatori continua ancora a fare affidamento sul capitale proprio per finanziare l’attività (86%), tuttavia aumentano il finanziamento delle istituzioni pubbliche (29% vs 24% 2021) e quello delle imprese private (19% vs 9%). In particolare, inizia a intravedersi l’impatto del sostegno pubblico al settore, come effetto diretto dell’attuazione del tax credit e dell’avvio di programmi di accelerazione verticali, oltre che delle acquisizioni internazionali che hanno recentemente interessato alcuni studi italiani.
“Un’industria sempre più in espansione, con forti potenzialità ancora da esprimere, capace di alimentare cultura attraverso un linguaggio innovativo”, ha affermato il sottosegretario Lucia Borgonzoni. “Ben consci degli elementi strategici che caratterizzano le realtà imprenditoriali del nostro Paese del settore dei videogiochi, al Ministero guardiamo con grande attenzione a queste come a tutte le nuove forme di espressione della creatività italiana, che supportiamo (e l’Italia è tra i pochi Paesi al mondo a farlo) con lo strumento del tax credit. Stiamo lavorando e continueremo a impegnarci per mettere in campo una serie di misure dedicate alle imprese culturali e creative in un’ottica di tutela e promozione del Made in Italy nel mondo”.
Il mercato videogame a livello globale
Se gli stimoli del tax credit rappresentano un incentivo per la crescita di questo settore nel nostro Paese, va detto che in generale il mercato dei videogame sta subendo un generale raffreddamento della crescita. A livello globale infatti, secondo i dati del rapporto elaborato come ogni anno da Newzoo, il mondo dei videogame nel 2022 ha subito un calo del 2,2% ritornando sostanzialmente ai livelli pre-pandemia anche se in generale le prestazioni del comparto superano le previsioni.
Quello che risulta chiaro è il fatto che sempre più publisher stanno orientando i loro franchise principali verso modelli basati su servizi e in abbonamento. Nei prossimi anni è quindi probabile prevedere un cambiamento nel comportamento delle aziende che opteranno per un minor numero di uscite completamente nuove puntando all’estensione della durata dei franchise esistenti, come dimostrano i successi di titoli come Fortnite, Minecraft e Roblox.
Netflix, ma non solo: il ruolo delle piattaforme di streaming
All’orizzonte si intravede anche un altro importante trend quello dell’ingresso nell’arena dei videogame da parte delle principali piattaforme di streaming. Nonostante il fallimento di Google Stadia che ha chiuso i battenti proprio lo scorso gennaio, Netflix e Amazon sono pronti a lanciare la loro sfida. L’azienda leader dell’e-commerce ha già lanciato negli Stati Uniti la sua piattaforma dedicata ai casual gamer Luna e al momento è disponibile anche in Canada, Uk e Germania. Tutto lascia supporre che nel giro dei prossimi mesi l’espansione sarà robusta legata anche all’arrivo (Italia inclusa) dei televisori a marchio Amazon.
Al colosso di Seattle si aggiunge Netflix il cui servizio gaming è partito in sordina ma ora sembra sia in procinto di decollare, sono infatti previsti entro la fine dell’anno 40 nuovi titoli, a cui si aggiungono 70 giochi in fase di sviluppo altri 16 direttamente dagli studios di Netflix. Il progetto non è solo quello di allargare il catalogo ma di utilizzare la proprietà intellettuale delle loro serie Tv per generare nuove esperienze videoludiche.
Una strategia che per esempio Playstation ha utilizzato, all’inverso, con il blockbuster The Last of Us. Insomma, il futuro dei videogame è in costante fermento nonostante il periodo non semplice e il difficile momento dell’hardware tra mancanza di stock nel campo delle console e la frenata del mondo Pc. Non sorprende quindi che secondo le stime del rapporto di DDM Games Investment Review l’intero settore dei videogiochi continuerà a crescere a ritmo costante, con un valore di mercato di 296,5 miliardi di dollari entro il 2026.
Questo articolo è tratto dal mensile UpTrade di giugno-luglio 2023
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