Socia media marketplace: 4 prodotti su 10 sono falsi

Sono sempre di più i consumatori che li usano per lo shopping e la contraffazione ne approfitta

I marketplace integrati nei social network sono un canale di vendita online molto apprezzato e usato dai consumatori, che possono cercare e acquistare prodotti di loro interesse direttamente tramite il proprio profilo Facebook, Instagram, VK, WeChat o Craiglist, solo per citarne alcuni. Con un incremento tra il 2017 e la fine del 2020 che tocca quota +320%, le autenticazioni di prodotti acquistati sui social costituiscono uno dei macro-trend più rilevanti degli ultimi 5 anni. Tale aumento è stato anche influenzato dalla crisi causata dalla pandemia e dal massiccio ricorso al digitale nella prima metà dell’anno: nonostante il crollo generale delle vendite che ha investito il mercato del fashion, la stima di crescita per il 2020 delle autenticazioni effettuate su prodotti acquistati sui social network è pari al 39%.

Se lo shopping sui marketplace fornisce un fedele quadro della contemporaneità, lo stesso non può dirsi però del tipo di prodotti principalmente acquistati tramite questi canali, che raramente interessano le collezioni del momento e che, invece, appartengono in larga misura a quelle degli anni precedenti. Secondo un’analisi di Certilogo, qusta tendenza che si è ulteriormente rafforzata a causa della pandemia: nei primi 7 mesi del 2020, le autenticazioni di capi di collezioni più datate sono aumentate del 12% rispetto allo stesso periodo del 2019.

Rischio contraffazione: 4 prodotti su 10 sono falsi

Se questo tipo di canale d’acquisto risulta senz’altro molto comodo, bisogna però considerare che espone i consumatori a dei rischi. Infatti, quando rispondono a un annuncio di loro interesse, non entrano in contatto con un brand o dei negozi online ma con singoli venditori che molto spesso offrono merce falsa. I numeri delle autenticazioni Certilogo lo confermano: su 10 prodotti acquistati sui Social Network e verificati sulla piattaforma Certilogo, circa 4 risultano falsi, quasi il doppio rispetto alla media delle autenticazioni inerenti gli acquisti e-commerce.Tra le strategie dei piccoli contraffattori c’è anche la segmentazione di una vendita su più fronti. Spesso utilizzano i principali social solo come vetrina dove agganciare i compratori per poi, in un secondo momento, ultimare le transazioni su altri canali, ad esempio WhatsApp e Telegram, rendendo ancora più difficile tracciare la vendita fraudolenta.

La frammentarietà di queste transazioni è il principale ostacolo all’individuazione e rimozione, da parte dei social network, degli annunci di merce falsa. Inoltre, l’impronta C2C degli acquisti sui Marketplace si riflette sulle spedizioni stesse dei prodotti contraffatti, che raggiungono le dogane in molti lotti di piccole dimensioni complicando le attività di sequestro. Numerosi lotti di prodotti fraudolenti significano infatti l’apertura di altrettante pratiche che coinvolgono direttamente i brand, tenuti a supportare e rispondere alle dogane per ogni singolo caso di falsificazione. Più aumenta il numero di azioni legali, più crescono i costi e le risorse che i marchi devono allocare per rispondervi, in aggiunta alle perdite economiche già causate dalla crisi e dalla contraffazione.

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