È il momento di mettere ordine o, quantomeno, di provarci. Dopo un negoziato che si è protratto per mesi e un primo accordo raggiunto in primavera, gli Stati Ue hanno approvato la nuova normativa sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, chiamata anche direttiva rider perché interessa anche e soprattutto questa categoria di professionisti.
Si tratta di un passo che può definirsi storico, perché di fatto si punta a migliorare le condizioni delle persone della cosiddetta gig economy. In particolare, l’obiettivo è quello di tutelare i lavoratori parasubordinati o autonomi che lavorano a chiamata tramite piattaforma: secondo le stime della Commissione Europa si tratta di più di 43 milioni di lavoratori al 2025.
Tra questi ci sono i già citati rider e autisti per la consegna di cibo, per servizi di trasloco o ritiro di generi alimentari (24%), ma anche taxi (39%), servizi a domicilio di pulizia o lavori manuali (19%), servizi professionali (7%), freelance grafici (6%), babysitter, Oss, badanti (3%) o tagging (2%). Alla base della direttiva rider c’è il regolamento, messo in atto per la prima volta, per l’uso di algoritmi nella gestione delle risorse umane.
Ma non solo. Oltre a disciplinare l’uso di questi algoritmi, il provvedimento sancisce il principio inderogabile di una supervisione umana sui processi lavorativi: ciò significa che i sistemi automatizzati passeranno (o dovrebbero passare) sotto la lente di personale qualificato, in modo tale che i lavoratori possano anche contestare le decisioni se ritenute poco eque, eccessivamente faticose o non adeguate al compenso.
Ancora, il provvedimento dovrebbe aiutare a determinare correttamente lo stato occupazionale delle persone che lavorano per le piattaforme, consentendo loro di beneficiare di tutti i diritti del lavoro che a lungo sembrano essergli stati in qualche modo inibiti. In quest’ottica, gli Stati membri stabiliranno una presunzione legale di subordinazione nei loro sistemi giuridici.
La direttiva verrà firmata dal Consiglio e dal Parlamento Europeo nelle prossime ore ed entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. Gli Stati membri avranno quindi due anni di tempo per adeguare il diritto interno alle nuove norme comunitarie.
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