Gli italiani sono i lavoratori più stressati in Europa: soddisfatti solo 6 su 10

Nonostante la situazione, solo il 12,2% ha preso nell'ultimo anno un congedo per occuparsi della propria salute mentale, contro il 17,5% della media europea

Il livello di stress sul lavoro è alto per gli italiani: per oltre il 63,3% i ritmi sono pressanti© Shutterstock

Se si parla di stress sul lavoro, purtroppo, nella classifica europea sono gli italiani ad avere un posto d’onore. Una recente ricerca ha messo in luce una realtà ormai difficile da ignorare: il 63,3% dei professionisti definisce il proprio lavoro mentalmente impegnativo o fonte di ansia e angoscia. Una condizione che, purtroppo, si riflette direttamente sui livelli di soddisfazione professionale: solo 6  lavoratori su 10 si dichiarano mediamente contenti della propria attività.

E non è tutto, perché se confrontati con la media europea i numeri fanno emergere un quadro di particolare fragilità per il mercato del lavoro italiano: la situazione nel Paese si caratterizza per ritmi intensi, una difficile conciliazione tra tempi professionali e personali e una percezione crescente di squilibrio tra le proprie capacità e le richieste ricevute sul posto di lavoro. Tutto questo contribuisce ad aumentare il senso di disagio e frustrazione tra i lavoratori.

La ricerca di Sd Worx

A restituire un quadro della situazione è la ricerca Hr & Payroll Pulse realizzata da Sd Worx, gruppo internazionale specializzato in servizi per le risorse umane e la gestione delle paghe. L’indagine ha coinvolto 16 Paesi europei, raccogliendo le risposte di oltre 5.600 responsabili delle risorse umane e 16.000 dipendenti, con l’obiettivo di tracciare lo stato del benessere lavorativo in Europa. Come abbiamo accennato, la ricerca rivela come il 63,3% dei lavoratori italiani percepisca la propria attività come stressante o mentalmente faticosa, un dato che supera di gran lunga la media europea ferma al 55,9%.

Oltre al livello di stress, lo studio si sofferma anche sul grado di coinvolgimento e soddisfazione dei lavoratori rispetto alla propria azienda, elementi che risultano inferiori in Italia rispetto al resto d’Europa: solo il 49,7% dei dipendenti italiani afferma di sentirsi parte integrante della propria organizzazione, contro una media europea che supera il 63%. Lo stress non è soltanto una percezione individuale, ma diventa un fenomeno collettivo che riguarda trasversalmente diversi settori e fasce d’età, con effetti diretti sulla produttività e sul benessere generale delle persone. A peggiorare la situazione contribuisce un sistema che fatica a riconoscere e gestire il problema, lasciando spesso i lavoratori soli di fronte alle proprie difficoltà.

I dati italiani

Anche se a gennaio è salito il numero degli occupati, il mercato del lavoro italiano si conferma fragile sotto diversi punti di vista. E no, non solo perché il Pil fatica, ma perché in generale i lavoratori italiani sono angosciati. Guardando più nel dettaglio, la soddisfazione sul lavoro riguarda solo il 60,6% dei lavoratori, una percentuale inferiore rispetto ai principali partner europei. Non solo: oltre alla bassa soddisfazione, emerge una scarsa partecipazione alla vita aziendale, che contrasta con il bisogno di senso di comunità ed è sintomatico di un senso di estraneità e di un coinvolgimento limitato nelle dinamiche interne delle imprese.

Uno degli elementi più critici è però rappresentato dalla gestione della salute mentale. Anche se un dipendente su tre rischia il burnout, nonostante i livelli di stress elevati solo il 12,2% dei lavoratori italiani ha usufruito di un congedo per motivi legati al proprio benessere psicologico nell’ultimo anno, una percentuale ben lontana dalla media europea del 17,5%, segno di una minore consapevolezza e disponibilità delle aziende a offrire strumenti di supporto ai propri dipendenti.

A livello di priorità, le aziende italiane si concentrano ancora su retribuzioni e benefit, che rappresentano la principale preoccupazione per il 28% delle risorse umane. Seguono il benessere lavorativo al 27% e la necessità di potenziare il lavoro flessibile al 26%, evidenziando un quadro in cui il peso della componente economica resta preponderante. A livello europeo, invece, tra le priorità individuate dai datori di lavoro spiccano il benessere dei dipendenti, la necessità di fidelizzare il personale e le sfide legate al reclutamento di nuovi talenti.

Stress lavorativo e benessere mentale

La fotografia che emerge dai dati di Sd Worx (e da altre indagini settoriali) restituisce la complessità del rapporto tra lavoro e salute mentale in Italia. La fatica mentale e lo stress derivano non solo dai carichi di lavoro eccessivi, ma anche da dinamiche organizzative che rendono difficile la conciliazione tra sfera personale e professionale. A peggiorare il quadro ci sono le disuguaglianze di genere, con le donne che subiscono pressioni maggiori e hanno una minore possibilità di accedere allo smart working, uno degli strumenti utili a ridurre lo stress.

Il benessere mentale dei lavoratori resta così una sfida aperta, troppo spesso sottovalutata dalle imprese. La scarsa propensione a richiedere o concedere congedi per la salute mentale è solo uno degli indicatori di un problema più profondo, che riguarda la cultura del lavoro nel Paese e la mancanza di politiche strutturate per sostenere i dipendenti. In un contesto segnato dalla stagnazione dei salari reali e da un costo del lavoro elevato, la salute mentale rischia di diventare un tema marginale, nonostante la sua centralità per la qualità della vita e la produttività futura.

Resta sempre aggiornato con il nuovo canale Whatsapp di Business People
© Riproduzione riservata