Se si parla di stress sul lavoro, purtroppo, nella classifica europea sono gli italiani ad avere un posto d’onore. Una recente ricerca ha messo in luce una realtà ormai difficile da ignorare: il 63,3% dei professionisti definisce il proprio lavoro mentalmente impegnativo o fonte di ansia e angoscia. Una condizione che, purtroppo, si riflette direttamente sui livelli di soddisfazione professionale: solo 6 lavoratori su 10 si dichiarano mediamente contenti della propria attività.
E non è tutto, perché se confrontati con la media europea i numeri fanno emergere un quadro di particolare fragilità per il mercato del lavoro italiano: la situazione nel Paese si caratterizza per ritmi intensi, una difficile conciliazione tra tempi professionali e personali e una percezione crescente di squilibrio tra le proprie capacità e le richieste ricevute sul posto di lavoro. Tutto questo contribuisce ad aumentare il senso di disagio e frustrazione tra i lavoratori.
La ricerca di Sd Worx
A restituire un quadro della situazione è la ricerca Hr & Payroll Pulse realizzata da Sd Worx, gruppo internazionale specializzato in servizi per le risorse umane e la gestione delle paghe. L’indagine ha coinvolto 16 Paesi europei, raccogliendo le risposte di oltre 5.600 responsabili delle risorse umane e 16.000 dipendenti, con l’obiettivo di tracciare lo stato del benessere lavorativo in Europa. Come abbiamo accennato, la ricerca rivela come il 63,3% dei lavoratori italiani percepisca la propria attività come stressante o mentalmente faticosa, un dato che supera di gran lunga la media europea ferma al 55,9%.
Oltre al livello di stress, lo studio si sofferma anche sul grado di coinvolgimento e soddisfazione dei lavoratori rispetto alla propria azienda, elementi che risultano inferiori in Italia rispetto al resto d’Europa: solo il 49,7% dei dipendenti italiani afferma di sentirsi parte integrante della propria organizzazione, contro una media europea che supera il 63%. Lo stress non è soltanto una percezione individuale, ma diventa un fenomeno collettivo che riguarda trasversalmente diversi settori e fasce d’età, con effetti diretti sulla produttività e sul benessere generale delle persone. A peggiorare la situazione contribuisce un sistema che fatica a riconoscere e gestire il problema, lasciando spesso i lavoratori soli di fronte alle proprie difficoltà.
I dati italiani
Anche se a gennaio è salito il numero degli occupati, il mercato del lavoro italiano si conferma fragile sotto diversi punti di vista. E no, non solo perché il Pil fatica, ma perché in generale i lavoratori italiani sono angosciati. Guardando più nel dettaglio, la soddisfazione sul lavoro riguarda solo il 60,6% dei lavoratori, una percentuale inferiore rispetto ai principali partner europei. Non solo: oltre alla bassa soddisfazione, emerge una scarsa partecipazione alla vita aziendale, che contrasta con il bisogno di senso di comunità ed è sintomatico di un senso di estraneità e di un coinvolgimento limitato nelle dinamiche interne delle imprese.
Uno degli elementi più critici è però rappresentato dalla gestione della salute mentale. Anche se un dipendente su tre rischia il burnout, nonostante i livelli di stress elevati solo il 12,2% dei lavoratori italiani ha usufruito di un congedo per motivi legati al proprio benessere psicologico nell’ultimo anno, una percentuale ben lontana dalla media europea del 17,5%, segno di una minore consapevolezza e disponibilità delle aziende a offrire strumenti di supporto ai propri dipendenti.
A livello di priorità, le aziende italiane si concentrano ancora su retribuzioni e benefit, che rappresentano la principale preoccupazione per il 28% delle risorse umane. Seguono il benessere lavorativo al 27% e la necessità di potenziare il lavoro flessibile al 26%, evidenziando un quadro in cui il peso della componente economica resta preponderante. A livello europeo, invece, tra le priorità individuate dai datori di lavoro spiccano il benessere dei dipendenti, la necessità di fidelizzare il personale e le sfide legate al reclutamento di nuovi talenti.
Stress lavorativo e benessere mentale
La fotografia che emerge dai dati di Sd Worx (e da altre indagini settoriali) restituisce la complessità del rapporto tra lavoro e salute mentale in Italia. La fatica mentale e lo stress derivano non solo dai carichi di lavoro eccessivi, ma anche da dinamiche organizzative che rendono difficile la conciliazione tra sfera personale e professionale. A peggiorare il quadro ci sono le disuguaglianze di genere, con le donne che subiscono pressioni maggiori e hanno una minore possibilità di accedere allo smart working, uno degli strumenti utili a ridurre lo stress.
Il benessere mentale dei lavoratori resta così una sfida aperta, troppo spesso sottovalutata dalle imprese. La scarsa propensione a richiedere o concedere congedi per la salute mentale è solo uno degli indicatori di un problema più profondo, che riguarda la cultura del lavoro nel Paese e la mancanza di politiche strutturate per sostenere i dipendenti. In un contesto segnato dalla stagnazione dei salari reali e da un costo del lavoro elevato, la salute mentale rischia di diventare un tema marginale, nonostante la sua centralità per la qualità della vita e la produttività futura.
© Riproduzione riservata