La classe dirigente Italiana non legge più: una volta conquistata poltrona e scrivania, il 62% dei circa tre milioni fra dirigenti, liberi professionisti e imprenditori ripongono i libri nel cassetto. D’altro canto in libreria vanno a ruba i manualetti operativi, dal One minute Manager che ha aperto il filone negli anni ‘80 fino ai più recenti how to book, quelli che insegnano a lavorare meglio, vivere meglio, fare carriera ed essere felici in 100 paginette. Facili, veloci, accattivanti. Uno strano fenomeno: aggiornarsi seriamente è diventato inutile? O forse Internet ha sostituito i pesanti volumi di carta?Vincenzo Attanasio lo diceva chiaramente nell’ultima edizione di Tirature, l’annuario sui fenomeni editoriali a cura di Vittorio Spinazzola (Fondazione Mondadori Il Saggiatore): un milione e settecentomila esponenti della nostra classe dirigente, ovvero più della metà, ritiene superfluo l’aggiornamento professionale, e quindi non legge. Il restante milione va in libreria, per motivi di lavoro, solo una volta l’anno. E il trend sta peggiorando: in otto anni la percentuale è scesa quasi dell’8%. L’unico dato positivo riguarda i manager di lungo corso: solo la vecchia guardia continua a leggere con costanza, mentre le giovani prime linee snobbano la letteratura professionale.In altre parole: libri e lavoro non hanno più attinenza, chi è ai vertici non si aggiorna. Ma neppure chi ancora deve entrare nel mercato del lavoro lo fa. Sempre secondo gli ultimi dati Istat, fra i ragazzi in cerca di lavoro solo uno su dieci si tiene informato leggendo almeno un libro all’anno. Eppure sono loro, i disoccupati, quelli che dovrebbero essere più interessati per motivi professionali.È dunque una lacuna diffusa e con poche distinzioni: l’aggiornamento non serve ai giovani dirigenti e neppure ai giovani disoccupati. Ma è davvero sufficiente quanto imparato sui banchi di università e presso business school per affrontare un futuro in continuo cambiamento? O forse stanno semplicemente cambiando gli strumenti per l’auto formazione, con il Web a fare da traino?
DOMANDA SCARSA
Dal punto di vista degli editori, la questione è molto semplice. La manualistica d’impresa è un settore di nicchia e quando la domanda è scarsa anche l’offerta, di conseguenza, si adegua. Stiamo parlando di un giro d’affari che non arriva a 100 milioni di euro l’anno, ovvero il 10% del settore dell’editoria economico finanziaria (e una inezia del mercato librario totale). Già qualche tempo fa il sociologo Domenico De Masi notava come in libreria non ci fosse «niente di nuovo oltre i classici della letteratura manageriale americana, che ormai appartengono alla storia, ma soltanto ricette per affrontare stress e mobbing». La reazione degli editori fu corale e immediata: è vero, non esistono più i grandi libri, sintetizzava per tutti Franco Angeli, l’uomo che cinquant’anni fa creò l’editoria manageriale in Italia e di cui oggi si sente la mancanza, ma la ragione è l’assenza di domanda. Non interessano a nessuno, tranne forse a una ristretta élite di lettori. Oggi, invece, i manager cercano libri con risposte concrete alle loro domande. Insomma, sono diverse le esigenze dei lettori e c’è bisogno di semplificazione, per riprendere quanto dichiarava alla stampa Marco Ferrario di Sperling&Kupfer: nessuno stupore, quindi, per un’editoria povera di innovazioni teoriche ma assai utile sul piano pratico. «Non dimentichiamo che queste letture più facili» commenta Carlo Valagussa, brand manager di Etas «godono di un’offerta maggiore e di una vetrina di mercato più ampia. Per il manuale operativo si sono aperte spesso le porte di altri canali di vendita, dagli aeroporti alla grande distribuzione, perché è la risposta alle esigenze di questo mercato».La letteratura funzionale è un mercato che in Italia, rispetto ad altri Paesi, è ancora piccolo ma ha grandi potenzialità di sviluppo, ed è per questo che gli editori hanno intenzione di presidiarlo. E le soddisfazioni arrivano. Pensiamo per esempio ad alcune felici metafore per manager, come Chi ha spostato il mio formaggio di Johnson Spencer che ha venduto più di 200 mila copie ed esce anche in edizione speciale e illustrata. Oppure al più recente 7+1, i vizi capitali del manager di Martino Gonnelli e Chiara Scortegagna. Sono libretti con un titolo accattivante, veloci da leggere: basta un’ora e non di più. «Il tempo a disposizione di ognuno sembra essersi esaurito» commenta l’autrice dei Vizi «e tutti vanno spediti, dai top manager ai neoassunti. Un libro deve saper parlare a entrambi, arrivare a segno subito, dare consigli pratici, da usare subito. La parola d’ordine è: applicabilità». E se la letteratura facile vende bene, nel frattempo i manuali seri (qualcuno direbbe: seriosi) restano sugli scaffali. Ma come stiamo a lettura rispetto all’Europa? Maluccio, come fa notare Marco Gambaro facendo il punto sull’editoria italiana. I “libri utili”, infatti, hanno in Italia un tasso di lettura del 16%: è del 36% in Gran Bretagna e Germania, e del 27% in Francia.
POPOLO DI NON LETTORI
Ma davvero la nuova classe dirigente considera superfluo leggere per tenersi al passo con le novità del proprio lavoro? Giovanni Peresson, direttore studi dell’Associazione Italiana Editori, individua tra le possibili cause dell’invenduto in libreria la facilità di reperire online e in lingua originale quegli stessi testi, scavalcando la traduzione Italiana. «Grazie a Internet, in cinque giorni appena arriva a casa la versione americana» conferma Massimo Gentili di Internet Bookshop, la prima libreria online italiana. Ma il Web non è la causa e neppure la risposta al declino dell’autoformazione: sarebbe ingenuo pensare che per ogni libro non letto vengano consultate altrettante pagine online sullo stesso argomento. Tutte le indagini disponibili, infatti, evidenziano una correlazione fra l’uso avanzato dei media e la lettura dei libri. Come dire: più Web uguale più libri (e semmai meno televisione), non il contrario. Secondo l’Osservatorio permanente sui contenuti digitali, che ogni anno offre una fotografia completa sull’editoria digitale e i nuovi modi di fruire di cultura e intrattenimento, l’aggiornamento professionale non è certo fra i motivi principali di utilizzo delle nuove tecnologie. Tutt’al più si fa networking professionale, ma questo è un altro discorso. Concludendo: da un lato ci sono i vecchi testi fondativi del management che nessuno sfoglia più e dall’altro invece gli “usa e getta” con un titolo graffiante, ideali per un regalo e molto spesso adottati come libri di testo nei corsi di aggiornamento manageriale. In mezzo nulla? Forse, come auspica De Masi, c’è bisogno di un libro che, grande o piccolo, teorico o pratico, sia prima di tutto, intelligente. E allora la nuova classe dirigente comincerà a leggere.
LETTURE DA “PROFESSIONISTI”
ABBIAMO SCELTO ALCUNI TITOLI CHE, PER ARGOMENTI E TAGLIO EDITORIALE, RAPPRESENTANO LE TIPICHE LETTURE DI UN GIOVANE MANAGER IN CARRIERA. ✓ Professione dream manager di Matthew Kelly (Etas, 2008). Le idee più potenti sono quasi sempre le più semplici. Ecco come realizzare i sogni personali e accrescere la soddisfazione sul lavoro e nella vita privata. Facendo felice anche l’azienda.✓ Karaoke capitalism di Jonas Ridderstrale e Kjell A Nordstrom (Franco Angeli, 2007) non insegna a cantare ma a stonare bene: per arrivare al successo, meglio restare una nota fuori dal coro che imitare gli altri. Un libro scritto per chi vuole reinventare la propria vita e il lavoro: roba da far drizzare le antenne all’ufficio personale.✓ Basta! Sapere quando restare capire quando lasciare di Seth Godin (Sperling & Kupfer, 2008). Non è un manuale per dare le dimissioni. In realtà insegna due cose: nel lavoro, dopo gli iniziali entusiasmi, subentrano i primi ostacoli, ed è allora che bisogna avere la lucidità di capire se la crisi è un vicolo cieco oppure un fossato da saltare con coraggio.✓ Le brave ragazze non fanno carriera di Frankel Lois (Tea, 2006) insegna alle donne che non sempre essere gentili, accondiscendenti, e attente alle buone relazioni può essere la strada giusta per raggiungere benessere e successo sul lavoro.✓ Morto di riunioni di Patrick Lencioni (Etas, 2006). Per chi pensa che le riunioni siano inutili e noiose. Ecco invece perchè servono e come renderle efficaci. ✓ Essere leader di Daniel Goleman, (Bur, 2004). Un classico dal guru dell’intelligenza emotiva. La trovata? Per avere successo, nella vita e nel lavoro, servono due ingredienti: un pizzico di professionalità (ne basta appena il 30%) e tanta emozione. A patto di sapere guidare i sentimenti nella direzione più vantaggiosa.
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