Inps, le donne in Italia guadagnano il 20% in meno degli uomini

Il tasso di occupazione femminile in Italia è del 52,5%, 17,9 punti inferiore rispetto a quello maschile. In più, solo il 18% delle assunzioni femminili è a tempo indeterminato

Inps, donne ancora in posizione di svantaggio economico© Shutterstock

È ancora estremamente sbilanciata la panoramica delle retribuzioni che le donne percepiscono nel nostro Paese. Secondo l’Inps, in generale, il sesso femminile si trova in condizioni di svantaggio sia in ambito familiare e sociale e la situazione in ambito lavorativo, purtroppo, non fa che rendere la situazione maggiormente squilibrata.

A restituire un quadro dettagliato della situazione è il Rendiconto di genere dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, presentato a Roma dal Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’ente, che contiene dati particolarmente significativi relativi alla presenza delle donne nel mercato del lavoro e nei percorsi di istruzione, ai livelli retributivi e pensionistici.

Il documento (scaricabile in pdf) evidenzia come il tasso di occupazione femminile sia fermo al 52,5%, ben 17,9 punti percentuali in meno rispetto a quello degli uomini. Il divario retributivo medio si attesta intorno al 20%, con punte ancora più marcate in alcuni settori strategici.

Per esempio, le donne che lavorano nelle attività finanziarie e assicurative guadagnano in media il 32,1% in meno rispetto agli uomini, mentre nelle attività professionali, scientifiche e tecniche il gap salariale raggiunge il 35,1%. Il settore immobiliare registra il divario più alto, con una differenza di quasi il 40% tra le retribuzioni maschili e femminili.

Tra le principali cause di questa disparità emerge il maggiore utilizzo del part-time da parte delle donne, spesso non per scelta. Nel 2023, il 64,4% dei lavoratori a tempo parziale era di sesso femminile e il 15,6% delle occupate ha dichiarato di essere costretta al part-time involontario, un valore tre volte superiore rispetto a quello maschile. La minore incidenza di straordinari e la segregazione occupazionale, che vede le donne relegate in ruoli meno retribuiti e con minori prospettive di carriera, contribuiscono ulteriormente ad ampliare il gap salariale.

Nonostante le donne abbiano mediamente livelli di istruzione più elevati rispetto agli uomini, con il 52,6% di diplomate e il 59,9% di laureate nel 2023, questa superiorità accademica non si traduce in un accesso paritario alle posizioni di vertice: solo il 21% dei dirigenti è donna, mentre tra i quadri la percentuale arriva al 32,4%. La sovraistruzione è un fenomeno che colpisce in modo particolare il genere femminile: il 29,4% delle donne impiegate ha un titolo di studio superiore rispetto a quello richiesto per la mansione svolta, percentuale che sale oltre il 40% nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni.

Il divario di genere si riflette inevitabilmente anche sulle pensioni. Le donne ricevono un importo medio mensile inferiore di circa il 47% rispetto a quello percepito dagli uomini, con una media di 989 euro contro 1.897 euro. Questo dato è il risultato di carriere più brevi, interruzioni lavorative per la cura della famiglia e salari più bassi. La difficoltà di raggiungere i requisiti contributivi per la pensione anticipata è evidente: solo il 27% delle pensioni di anzianità tra i lavoratori dipendenti privati e il 25,5% tra gli autonomi viene erogato a donne.

Accanto alle criticità economiche, il report dell’Inps evidenzia anche un tema sociale rilevante: la gestione del lavoro di cura. Le donne continuano a sostenere la maggior parte del carico familiare, come dimostrano i dati sui congedi parentali. Nel 2023, le giornate di congedo utilizzate dalle madri sono state 14,4 milioni, contro appena 2,1 milioni da parte dei padri. L’insufficienza dell’offerta di servizi per l’infanzia aggrava ulteriormente il problema, con solo poche regioni, come Umbria, Emilia-Romagna e Valle d’Aosta, che raggiungono l’obiettivo europeo di 45 posti nido ogni 100 bambini.

Affrontare il problema delle disuguaglianze di genere richiede un impegno strutturale che coinvolga il mercato del lavoro, la rete dei servizi e la cultura aziendale. Come sottolineato dal presidente del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps, Roberto Ghiselli, è necessario che tutte le istituzioni, politiche e sociali, collaborino per trasformare i progressi registrati in una reale parità di genere, eliminando gli ostacoli che ancora penalizzano le donne nel mondo del lavoro.

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