Insoddisfatti del lavoro? Cambiare vita non è per tutti

Insoddisfatti del lavoro? Cambiare vita non è per tutti

Cambiare vita, mollando tutto. Questa idea, che potremmo aver sentito da un amico, un collega o aver pensato addirittura noi stessi è solo un’insoddisfazione del momento oppure sta diventando un fenomeno sempre più diffuso? Secondo un’analisi condotta dalla società di recruiting Hays Italia e dalla piattaforma digitale per il benessere mentale Serenis, il cambiamento radicale per molti sembra essere più che una semplice idea. Tuttavia, a mettere in pratica questa fantasia è meno di un lavoratore su dieci. Il 25% degli intervistati, infatti, rimanda il salto più avanti (bisognerà vedere come evolverà la situazione personale, per cui molti potrebbero cambiare idea), mentre per quasi la metà del campione resta solo un sogno nel cassetto; non faranno mai il grande passo, ma è pur sempre un monito per aziende e istituzioni. Solo l’8% del campione preso in esame da Hays Italia e Serenis ha già pianificato tutto ed entro un anno è pronto a lasciarsi alle spalle il passato alla “ricerca della felicità”.
Per la maggior parte dei lavoratori, quindi, il cambio di vita resta solo un sogno nel cassetto: la paura di fallire e di rimetterci a livello economico (per il 50% degli intervistati) e l’impatto che potrebbe avere sulla famiglia (per il 47%), in particolare su figli e partner, sono le principali barriere che frenano gli italiani.

La soddisfazione dei lavoratori in Italia

Cambiamenti di vita a parte, c’è un senso di infelicità è diffuso tra i lavoratori italiani, tanto che quasi quattro su dieci si ritengono insoddisfatti del loro attuale lavoro (solo il 28% è invece pienamente appagato), e quasi sei su dieci pensano almeno una volta a settimana di dare un taglio all’attuale vita per una totalmente diversa.
Perché vorrebbero cambiare così radicalmente? Le motivazioni sono tante e toccano più sfere, non solo lavorativa ma anche quella privata. La felicità, indicata da sei lavoratori su dieci, è la molla principale che fa scattare il desiderio di provare qualcosa di nuovo, insieme all’esigenza di migliorare la qualità della vita (57%), avere più tempo a disposizione con ritmi meno frenetici (54%) e ridurre lo stress (44%). Tutti elementi che, insieme all’insoddisfazione del proprio lavoro, fotografano una società sempre più lontana dalle esigenze dei cittadini e dei lavoratori.
Ma ci sono anche altre motivazioni di tipo economico e più personali, come seguire le proprie passioni, ritrovare sé stessi, la voglia di vivere a contatto con la natura o far vivere i figli in ambienti più sani.

“L’analisi che abbiamo condotto insieme a Serenis ha evidenziato la necessità per le aziende di creare dei punti di ascolto con i propri dipendenti in modo da individuare le possibili cause di insoddisfazione che spesso non dipendono solo dal lavoro in senso stretto, ma anche da fattori personali o esterni”, spiega Alessio Campi, People & Culture Director di Hays Italia. “Gli imprenditori devono continuare a investire mettendo al centro la qualità della vita dei propri dipendenti e adottando politiche per ridurre lo stress, oggi considerati elementi fondamentali per trattenere o attrarre i talenti. Oltre ai benefit che garantiscono un buon equilibrio tra privato e lavoro come la flessibilità, per molti lavoratori è sempre più importante avere un sostegno in alcuni momenti particolari della propria vita, come la nascita di un figlio o per esigenze di salute. Sono questi gli aspetti che possono convincere tanti collaboratori a non ricercare la propria felicità altrove”.

L’identikit di chi vuole (realmente) cambiare vita

Dall’indagine emerge un chiaro identikit di chi è più propenso a mollare tutto. L’uomo o donna, a prescindere dalla situazione economica, vive principalmente da solo, ha dai 50 ai 64 anni, è un profilo tendenzialmente alto (C-level) ma coinvolge anche i giovanissimi appena entrati nel mondo del lavoro, vive in Comuni molto piccoli, al di sotto di 5 mila abitanti, o medio grandi, da 100 mila a 500 mila, lavora nelle grandi aziende.

Sicuramente una forte spinta verso nuove avventure arriva dalle esperienze dirette di persone conoscenti che hanno avuto il coraggio di sperimentare il “Piano B”. Secondo gli intervistati, solo il 6% degli amici che ha fatto il grande passo nel nuovo progetto di vita si è poi pentito, e solo il 4% è tornato indietro. Quasi tre quarti sono invece soddisfatti o addirittura entusiasti della loro scelta.

“Per chi desidera intraprendere questa strada, è fondamentale seguire alcuni consigli”, sottolinea la dottoressa Martina Migliore, direttrice della Formazione e psicoterapeuta di Serenis. Tra i consigli di Migliore c’è quello di pianificare con cura ogni aspetto del cambiamento, dalla situazione finanziaria alle nuove opportunità professionali, per ridurre i rischi di insuccesso. “È importante, inoltre, cercare il sostegno di amici e familiari per mantenere la motivazione e affrontare eventuali difficoltà; essere consapevoli delle sfide emotive e psicologiche che un cambiamento radicale comporta e lavorare su sé stessi, con l’aiuto anche di uno psicoterapeuta, per sviluppare la  necessaria resilienza; acquisire nuove competenze e conoscenze nel settore in cui si desidera entrare per aumentare le probabilità di successo. Se possibile, inoltre, è bene adottare il nuovo stile di vita in modo graduale, ad esempio con periodi di prova o progetti part-time, per valutare la fattibilità e l’adattabilità. Infine, è importante che chi decide di intraprendere una nuova strada lo faccia con consapevolezza, preparazione e supporto adeguato, per trasformare un sogno nel cassetto in una realtà sostenibile e appagante”.

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