Il terzo decreto attuativo del Jobs Act corregge il tiro del governo sui contratti a termine.
Dopo aver innalzato la durata, di quelli senza casuale, fino a un massimo di tre anni, il nuovo provvedimento riabbassa a 24 mesi il tetto finale.
In compenso, però, le aziende incassano l’innalzamento della quota di lavoratori a tempo: salirà dal 20% al 30%, sempre senza causale.
ADDIO PRECARIATO? La mossa sui contratti a termine serve a evitare che i contratti troppo brevi rendano inefficace l’introduzione del contratto a tutele crescenti, atteso al debutto il 1 marzo con un miliardo di euro di incentivi.
SI compie anche l’attesa sforbiciata sulle forme contrattuali: addio al lavoro a chiamata (verranno potenziati i voucher), rafforzato il part time verticale (meno giorni a settimana) a fronte di una riduzione dello stipendio.
QUANTI DUBBI. Si arriverà anche all’addio alle collaborazioni a progetto, mentre si punterà molto sulla disciplina dell’apprendistato da semplificare. Tutto da decifrare il destino dei co.co.co: è la forma preferita dai commercianti per i commessi.
Una buona notizia arriva invece per le partite Iva che potranno usufruire di alcune garanzie a partire dalla maternità.
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