La crisi ha colpito anche il lavoro nero

Secondo la Cgia di Mestre i posti di lavoro irregolari persi tra il 2007 e il 2012 ammontano ad oltre 106.000 unità

Non ha risparmiato neanche il lavoro nero. Secondo la Cgia di Mestre la congiuntura economico negativo, che come noto ha tagliato drasticamente la disponibilità di spesa degli italiani, ha colpito anche il lavoro nero. In pratica anche per le piccole manutenzioni, per i lavori di giardinaggio o per le riparazioni domestiche, le famiglie italiane hanno fatto sempre meno ricorso non solo a professionisti del settore, ma anche al dopolavorista o all’abusivo. Piccoli lavori che si è deciso di non eseguire, oppure di sbrigare in casa. In questi anni, infatti, abbiamo assistito ad un vero e proprio boom del cosiddetto fai da te casalingo: di persone che di fronte ad un guasto o a una rottura si sono messe a fare l’idraulico, l’elettricista, il fabbro o il falegname. Certo, non tutti i settori hanno subito una contrazione della presenza degli abusivi. In quello della cura alla persona (parrucchieri, estetiste, massaggiatori, etc.), nella riparazione delle auto, moto o cicli e nel trasporto persone l’aumento degli irregolari è stato esponenziale.

A livello territoriale, fa notare la Cgia, ci sono comunque forti differenze. Se tra il 2007 e il 2012 nel Centro Nord il calo delle unità irregolari è stato molto consistente (- 67.500 nel Nord Ovest, – 50.300 nel Centro e – 38.900 nel Nord Est) al Sud si è registrato un deciso aumento: + 50.400. Questa differenza è legata al fatto che, come sottolinea la Cgia, nel Sud la presenza dell’economia sommersa è più diffusa e strutturata. A differenza del Centro Nord, dove, in linea generale, il lavoratore irregolare opera prevalentemente da solo e in piena autonomia, nel Mezzogiorno l’economia sommersa riguarda molte filiere dei servizi e del produttivo. Pertanto, è presumibile che la crisi abbia rafforzato il peso e la dimensione di quelle attività e di quei settori che tradizionalmente operano nella cosiddetta area grigia o sono controllati dalla criminalità organizzata.

Secondo le stime dell’Ufficio studi della Cgia, il valore aggiunto prodotto a livello nazionale dall’economia sommersa è pari a poco più di 100 miliardi di euro all’anno. Questa situazione procura un mancato gettito fiscale pari a quasi 45 miliardi di euro all’anno.

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