La leadership sulle labbra

Evitare fraintendimenti, noia, distrazione. Così si costruisce una comunicazione efficace. La validità del progetto non deve mancare, ma un po’ di retorica, di psicologia e di controllo sugli aspetti non verbali del dialogo sono alleati preziosi

Poche situazioni possono essere frustranti come credere fermamente in un progetto, averlo messo a punto in seguito ad analisi di mercato e test e facendo tesoro della propria esperienza, e vederlo respingere perché non siamo riusciti a convincere i nostri interlocutori. La comunicazione può essere un “gioco” crudele e spesso non basta la passione: la soglia di attenzione media è di 90 secondi, in poco più di un minuto si giocano le nostre chance di difendere le nostre convinzioni. Non importa quanto sia complesso il progetto di cui si discute, spesso le speranze che sia approvato non dipendono tanto dalle sue caratteristiche, quanto dal modo in cui è presentato. Per questo la comunicazione è vitale per la vita professionale come per quella privata: essere chiari, efficaci e, in un certo senso, seducenti è una qualità di cui i leader non possono fare a meno.

Il corpo che parlaDa sempre ci si interroga su come costruire i propri discorsi in modo da conquistare chi ci ascolta. Nell’Ottocento Schopenhauer ha raccolto i segreti retorici individuati dagli oratori dei secoli precedenti in un libro di tecniche per uscire vincitore da ogni discussione e, quando questo appare impossibile, cambiare discorso in modo da non darla vinta ai propri avversari. Secondo Robert Cialdini, psicologo sociale autore del best seller Le armi della persuasione (Giunti), i sei meccanismi fondamentali della persuasione si sono affermati per la loro utilità sociale: «Nell’evoluzione umana, ognuno di questi comportamenti sembra essere stato selezionato per animali che, come noi, devono sopravvivere all’interno di gruppi sociali. Nella maggior parte dei casi questi principi ci consigliano correttamente. Ha infatti senso ricambiare i favori, comportarsi con coerenza, seguire la guida dei propri simili, acconsentire alle proposte di chi ci piace, ascoltare chi esercita un’autorità legittima e dare valore ai beni che sono scarsi. Chi usa onesta-mente questi principi, fa un favore agli altri». Premesso che nella vita professionale la persuasione dell’interlocutore non può essere scissa dalla convinzione della bontà del proprio progetto o della propria opinione, è tuttavia possibile ricorrere a tecniche di comunicazione in grado di accrescere l’efficacia delle semplici parole. «Il 75% della comunicazione è non verbale» spiega Gianluca Teppati, consulente della società Newton Management Innovation e autore del blog Love management. «Il messaggio è trasmesso non tanto dalle parole quanto dall’atteggiamento, dal modo di relazionarsi con gli altri, dalla gestualità. La capacità di persuadere passa infatti dal modo di osservare, ascoltare, percepire e riconoscere prima che dal modo di parlare». Capire cosa pensa il proprio interlocutore, in che modo ragiona e perché fa quello che fa si rivela la strada migliore per individuare gli argomenti giusti per fargli comprendere anche il nostro punto di vista in un’ottica di scambio e reciprocità. Il miliardario israeliano Jacob Burak, fondatore del fondo di investimento Evergreen, sostiene che nelle decisioni d’affari, in particolare quelle che riguardano il denaro, l’emotività gioca un ruolo fondamentale, e spesso ha la meglio sulla ragione. Controllare gli aspetti non verbali ed emozionali della comunicazione può rivelarsi così la chiave del successo. Soprattutto quando le resistenze degli interlocutori a un ragionamento non riguardano tanto la logica ma sono piuttosto legate a una diffidenza verso chi lo propone o a un timore delle conseguenza a cui potrebbe, anche indirettamente, portare. Questo tipo di opposizioni possono rivelarsi fatali anche per le idee più brillanti, e per affrontarle è fondamentale comprendere le posizioni degli interlocutori e smontare le eventuali critiche mostrando come voi per primi avevate ragionato sui possibili punti deboli.

Parole, parole, paroleNon servono tante parole. Anzi, spesso il buon comunicatore parla poco. «Parlare meno e comunicare meglio» è il consiglio di Teppati per progredire nella propria capacità dialettica. Poche frasi, ma studiate ed efficaci. «Trovo assurdo che tanti manager si presentano a parlare in pubblico, nelle riunioni, senza aver preparato il discorso, pensando di improvvisare. Così perdono di vista ingredienti chiave della comunicazione come il rispetto per gli altri, che meritano tutta la nostra attenzione, l’umiltà, che porta a un atteggiamento di critica costruttiva verso noi stessi e a continui miglioramenti, e la generosità, per cui quello che diciamo e quello che facciamo è per il bene dell’organizzazione e non per metterci in mostra. Le persone che ci ascoltano percepiscono queste cose. La mancanza di preparazione porta ai discorsi fiume caratteristici dei cattivi oratori e a una comunicazione non verbale poco efficace».Un segreto è prepararsi per gli scambi verbali, ogni volta possibile, con note, appunti e scalette (anche mentali) delle cose da dire. Ogni messaggio deve essere adeguato al contesto, al destinatario e allo scopo che si prefigge. L’antica saggezza diplomatica recita «c’est le ton qui fait le musique» (è il tono che fa la musica). Il modo in cui presentiamo le nostre opinioni ha un ruolo strategico: il tono di voce, la gestualità e la postura possono rivelarsi alleati preziosi. Controllare questi aspetti della comunicazione è un’abilità che, quando non è innata, si può sviluppare con l’esercizio. Secondo Teppati «Per imparare a comunicare efficacemente è importante includere, nella propria formazione, una parentesi teatrale. Sul palcoscenico si impara che non c’è naturalezza senza preparazione e che c’è bisogno di una grande preparazione per acquisire sicurezza e capacità di sedurre».Non si tratta di fingere, ma di imparare a gestire i propri istinti per non essere dominati dall’impulsività. Anche quando è necessario un intervento autoritario, come spesso accade in momenti critici per l’azienda, è importante mantenere il controllo della comunicazione, scegliendo i toni, i termini e gli atteggiamenti adatti a ispirare nei propri collaboratori un senso di autorevolezza e di leadership e non innescare reazioni difensive. La chiave in questo caso è l’autoconsapevolezza, bisogna conoscere a fondo se stessi e mantenere il proprio equilibrio emotivo.

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