Affascinanti mondi immaginari, personaggi di fantasia che vivono di vita propria popolando il nostro quotidiano come fossero persone reali, improvviso straniamento da importanti questioni lavorative per appuntare una altrettanto improvvisa ispirazione narrativa: forse aveva ragione Abelardo, già un migliaio di anni fa, quando sosteneva che «bisogna prendere speciali precauzioni contro la malattia dello scrivere, perché è un male pericoloso e contagioso». Se, infatti, definirla un male pericoloso è forse un po’ esagerato, che si tratti di una passione totalizzante è certo. A fronte di un’editoria in crisi da anni – pure in un Paese come l’Italia dove difficilmente il mestiere dello scrittore, anche a buoni livelli, offre di che sbarcare il lunario e i lettori sono sempre stati scarsi – i fanatici della penna (o forse oggi sarebbe meglio dire della tastiera) sono sempre più numerosi. Persino tra professionisti, manager e imprenditori. Del resto, anche molti grandi autori del passato hanno associato l’attività creativa a quella professionale. Insomma, non è affatto detto che una mente analitica, portata per lavori apparentemente molto “scientifici”, non possa nascondere una fantasia vivace. Anzi, forse proprio la necessità di affidarsi prevalentemente alla razionalità sul lavoro, spinge molti a cercare una valvola di sfogo alla propria creatività altrimenti un po’ repressa. Attività che, asseriscono in molti, ha addirittura una funzione terapeutica, quasi paragonabile a quella di un appuntamento dall’analista. E siccome quello dello scrittore è un mestiere che richiede anche grande fatica e dedizione, l’abitudine a guidare e supervisionare il lavoro degli altri può spesso essere d’aiuto quando bisogna trovare il tempo e la forza di volontà per non lasciarsi andare alla pigrizia. Come raccontano alcuni manager-scrittori dei giorni nostri.
È UN’ATTIVITÀ TALMENTE COINVOLGENTE CHE UNA VOLTA INTRAPRESA NON SI ABBANDONA PIÙ. E PARE SIA MEGLIO DI UNA SEDUTA DALL’ANALISTA
UN’EMOZIONE CHE RAPISCE «Scrivere è il mio vero mestiere», esordisce Luigi Bartalini, fondatore della Scinto Roger Consulting, in passato direttore generale di diverse aziende, oltre che autore di ben tre libri: la raccolta di racconti Il filo dei pensieri (L’Autore Libri Firenze), il romanzo Sono nato nel mese dei morti (Kairós edizioni) e un terzo ora in fase di editing con Castelvecchi editore. «È una passione che mi porto dietro fin da quando ero ragazzo, senza poterle mai dare pienamente sfogo, perché ero impegnato a costruirmi una carriera», racconta. «E francamente non mi era mai balenata l’idea di pubblicare quanto scrivevo, perché, forse per deformazione professionale, sono abituato ad affrontare ogni attività in maniera programmata, scientifica. È stata mia moglie, una decina di anni fa, a “darmi la spinta” in questo senso». Valter Catoni, oggi al lavoro sul suo terzo thriller dopo aver pubblicato i primi due con Mondadori, non aveva nemmeno mai pensato di prendere la penna in mano fino a pochi anni fa: «Sin da adolescente sono un accanito lettore, ma mai avrei pensato che mi sarei messo a scrivere. Ero troppo preso a leggere. Ho iniziato per caso, un giorno in cui mi sono trovato a San Pietroburgo per lavoro: la temperatura era di -25 gradi, la connessione a Internet era bloccata perché davvero troppo onerosa e il satellite offriva ben pochi canali televisivi. Così è nato L’eterna lotta. L’ho scritto in poche settimane, ero come in preda a un raptus», ammette. Poi aggiunge: «Non pensavo che scrivere fosse un’emozione così forte. Mi sono trovato in situazioni paradossali in cui durante una riunione di lavoro, se mi veniva in mente il seguito della storia, dovevo appuntarla subito. È una sensazione meravigliosa».
LUIGI BARTALINISi tratta del mio vero lavoro | DARIO CRAPANZANOÈ un’idea che mi è sempre ronzata in testa | VALTER CATONIIl primo libro è nato per caso |
GHERARDO MAGRIHo iniziato per non perdere dei ricordi | ALESSANDRO MILITIScrivo quando ho qualcosa da dire | Da manager a scrittore e navigante a tempo pienoIntervista a Simone Perotti |
IL TEMPO NON BASTA MAI Dario Crapanzano, da copywriter arrivato a ricoprire il ruolo di amministratore delegato di un’importante agenzia pubblicitaria, ha aspettato invece, la pensione per mettersi alla prova ambientando i suoi gialli nella Milano degli anni ’50. Un grande successo che ha portato anche le avventure del commissario capo Mario Arrigoni alla corte di Mondadori. «Tra famiglia e lavoro prima sarebbe stato troppo difficile trovare il tempo», spiega. A conferma, Bartalini riconosce che per lui la scrittura è un’attività «fortemente programmata. Non posso concedermi il lusso di divagare con la mente e aspettare che arrivi l’ispirazione». Non a caso è abitudine diffusa tra gli scrittori-lavoratori mettersi all’opera di notte. Lo fa Catoni, così come Alessandro Militi, Vice President Marketing & Sales di Fox International Channels Italy, due romanzi all’attivo, pubblicati con Baldini & Castoldi: Fuffa e Massimo della vita. «Non mi è possibile darmi delle regole», racconta, «scrivo quando ho tempo e solo se ho qualcosa in mente. Non mi è mai capitato di piazzarmi di fronte al foglio bianco e impormi di “produrre” qualcosa. Adesso poi ho un’idea, ma con un figlio di otto mesi mi è proprio impossibile mettermi all’opera», ride.
IL LAVORO IN AZIENDA OFFRE SPESSO SPUNTI INTERESSANTI, MA ANCHE COMPETENZE UTILI, PER ESEMPIO IN TERMINI DI MARKETING
Gherardo Magri, amministratore delegato di Vaillant Saunier Duval Italia, ha invece messo nero su bianco le idee raccolte nel suo Pendolare per sempre mentre era in viaggio per lavoro, tra un volo e l’altro. Una genesi perfettamente in linea con i contenuti del volume, trattandosi di ricordi ed esperienze vissuti in 33 anni in giro per l’Italia, principalmente da pendolare tra Bergamo e Milano. Nato per l’esigenza di non dimenticare tante situazioni di vita vissuta, si è trasformato in una storia che ha trovato sbocco anche sul mercato. «Pensavo di farne una tiratura veramente limitata, sulle 500 copie, per regalarle ad amici, colleghi e fornitori, ma alla fine siamo saliti a mille perché la metà sono finiti sugli scaffali della catena Mediaworld e, con mia sorpresa e soddisfazione, la maggior parte sono stati venduti», racconta. E non ha più perso l’abitudine di scrivere, tanto da non escludere che possa vedere la luce un nuovo volume. Non solo. L’esperienza si è rivelata utile anche in azienda. «Ha cambiato il mio modo di scrivere anche nel contesto lavorativo», spiega. «Sicuramente ho iniziato a usare uno stile un po’ più narrativo anche nelle comunicazioni con colleghi e dipendenti». Ma vale senz’altro anche il contrario. Quasi tutti confermano l’utilità dell’esperienza professionale almeno in termini di ispirazione, se non addirittura di marketing. Militi, per esempio, ha ambientato “nel suo campo” la sua prima fatica. «Ho iniziato a scrivere perché mi sono reso conto che il mondo ci mette di fronte a situazioni talmente grottesche che non possono non colpire», ricorda. «Il lavoro mi ha portato a contatto con tante persone, ciascuna con le sue sfaccettature, tic e modi di fare particolari, e alcuni di questi li ho sfruttati nei miei romanzi», riconosce poi Catoni. Mentre Crapanzano sottolinea come certi aspetti della sua esperienza nel mondo pubblicitario l’abbiano aiutato, per dirne una, a scegliere titoli più accattivanti. Così come Magri ricorda con piacere anche la parte del “confezionamento” dalla copertina alla prefazione, del suo “prodotto”. Perché ogni opera, si sa, per il suo autore è quasi un figlio.
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