Uno dei primi banchi di prova per l’ultima riforma del mercato del lavoro che porta la firma del ministro del Welfare Elsa Fornero c’è stato alla Lagor di Cerro Tanaro (At). La Lagor è una fabbrica con cento dipendenti che produce circuiti magnetici per il settore elettromeccanico. E lì che tre impiegati hanno ricevuto dall’azienda, agli inizi di settembre, una lettera di licenziamento in tronco per motivi “oggettivi”: in altre parole, la società non ha più bisogno di loro e adesso vuole lasciarli a casa. Più o meno la stessa cosa è avvenuta alla Model Master di Moncalieri (To), azienda che produce modelli e prototipi per l’industria meccanica: anche lì, la direzione del personale ha deciso di licenziare tre lavoratori per ragioni economiche. Per tutti i dipendenti lasciati a casa, la procedura del licenziamento verrà regolata dal nuovo articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, nella versione voluta dal ministro Fornero. Nello specifico, se il licenziamento è avvenuto per ragioni oggettive o economiche ma verrà dichiarato illegittimo dal giudice, i lavoratori non avranno più diritto a essere reintegrati nell’organico dell’azienda (come avveniva fino all’estate scorsa, nelle società con più di 15 addetti). Con la riforma Fornero e con la nuova versione dell’articolo 18, ci sarà soltanto un risarcimento in denaro, che varia da un minimo di 12 sino a un massimo di 24 mensilità di stipendio. È proprio questa la novità più discussa portata in dote dalla nuova legge sul lavoro che ha ricevuto critiche al vetriolo dai sindacati e che, sul fronte opposto, è stata definita come una vera e propria «boiata» dal neopresidente di Confindustria, Giorgio Squinzi.A ben guardare, la riforma Fornero è un provvedimento che va ben al dil à delle modifiche all’articolo 18, giudicate da molti imprenditori un po’ troppo blande o molto confuse (sotto due tabelle riassuntive sul giudizio degli iprenditori). Nel testo della legge, ci sono anche cambiamenti importanti al regime degli ammortizzatori sociali (che scatteranno però dal 2013). E ci sono pure degli aumenti di contributi a carico delle assunzioni precarie (in modo da scoraggiarne l’utilizzo), oltre all’introduzione di vincoli molto stringenti per i contratti di lavoro ultraflessibili come le collaborazioni con partita Iva o le associazioni in partecipazione. Più che i grandi sindacati o la Confindustria, dunque, a giudicare la riforma del lavoro dovrebbe essere chi, come i direttori del personale delle aziende, vedrà presto sul campo tutti gli effetti della nuova legge. E qualcuno sembra avere già le idee piuttosto chiare.«Credo che il risultato sia abbastanza deludente», dice per esempio Emilio Zampetti, direttore delle risorse umane del Gruppo Elica, azienda marchigiana specializzata nella produzione di cappe per cucina, che in passato ha ricevuto diversi riconoscimenti per le sue politiche del personale, giudicate particolarmente virtuose. Più o meno dello stesso parere è Paolo Citterio, presidente di Gidp, associazione di categoria dei direttori del personale: «Man mano che passa il tempo e arrivano le circolari esplicative del testo della legge, il mio giudizio sulla riforma, già negativo, peggiora ulteriormente», dice. Molto più sfumate e meno severe sono invece le posizioni di Filippo Abramo, presidente dell’Aidp, l’associazione italiana dei direttori del personale, che oggi conta 3 mila soci e che, nel mese di ottobre, ha organizzato su tutto il territorio nazionale una serie di conferenze proprio sugli effetti della riforma Fornero. «La legge presenta indubbiamente molti punti critici, che andranno approfonditi nei prossimi mesi», dice Abramo, «nel complesso, però, ritengo positive le modifiche apportate all’articolo 18». Anche se non rappresentano una vera e propria rivoluzione, per il presidente dell’Aidp le norme in tema di licenziamenti introducono comunque maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, dopo molti anni di discussioni inutili e dopo parecchi di tentativi di riforma andati a vuoto.Il vecchio articolo 18, a detta di Abramo, era infatti considerato da molte aziende un vincolo troppo rigido, che spesso scoraggiava le assunzioni e frenava gli investimenti esteri nel nostro Paese, ormai ridotti all’osso e inferiori, in valore assoluto, anche a quelli di un piccolo Paese europeo come l’Olanda. Ora, un passo in avanti è stato indubbiamente compiuto «anche se», aggiunge Abramo, «è un po’ riduttivo imputare la scarsa competitività del sistema Italia soltanto all’articolo 18».
I CONTENUTI DELLA NUOVA LEGGE “PROMOSSI” DALLE IMPRESE | |
Aspetti trattati dalla riforma e novità introdotte | Percentuale di intervistati che considerano le nuove norme un’opportunità per le imprese |
Incentivi alle assunzioni delle donne | 67,06% |
Apprendistato | 62,35% |
Incentivi per gli over 50 | 56,47% |
Norme sul lavoro su somministrazione | 55,29% |
Tirocinio | 55,29% |
Fonte: Gi Group – Od&M, indagine sulla riforma del lavoro
Della stessa opinione di Abramo è anche Stefano Colli Lanzi, ceo di Gi Group, multinazionale attiva nel settore del lavoro su somministrazione e nella ricerca del personale: «Nel complesso, il mio giudizio sulla riforma Fornero è positivo», dice Colli Lanzi, «poiché sono stati adottati dei provvedimenti che vanno nella direzione giusta». L’amministratore delegato di Gi Group si riferisce in primo luogo alle modifiche apportate all’articolo 18, che introducono maggiori elementi di modernità nel mercato del lavoro italiano, ma rappresentano anche un giusto compromesso tra le esigenze delle imprese, che vogliono gestire i licenziamenti e i propri organici con maggiore flessibilità, e i diritti dei lavoratori, che devono comunque essere tutelati da comportamenti discriminatori da parte delle aziende. Piuttosto, secondo Colli Lanzi, durante la fase di approvazione della riforma c’è stato un difetto di comunicazione, poiché molti imprenditori e direttori del personale non hanno ancora compreso appieno gli effetti delle nuove norme volute dal ministro Fornero. Secondo una ricerca pubblicata da Gi Group nel mese di settembre, per esempio, oltre il 24% degli imprenditori dichiara di non essersi ancora informato sui contenuti della legge sul lavoro. Va un po’ meglio tra i responsabili delle risorse umane, dove la quota dei “disinformati” è poco sopra l’11%. Tuttavia, anche chi ha scelto di documentarsi ha utilizzato molto spesso canali non ufficiali, come gli articoli di giornale, che inevitabilmente analizzano i problemi in maniera non troppo approfondita.
I CONTENUTI DELLA RIFORMA FORNERO BOCCIATI DALLE IMPRESE | |
Aspetti trattati dalla riforma e novità introdotte | Percentuale di intervistati che considerano le nuove norme una “criticità” per le imprese |
Regole sui contratti a tempo determinato | 49,41% |
Regole sulle collaborazioni con Partita Iva | 43,53% |
Norme sui contratti a progetto | 42,35% |
Regole sulle dimissioni | 42,35% |
Fonte: Gi Group – Od&M, indagine sulla riforma del lavoro
Ci vorrà dunque ancora un po’ di tempo, a detta di Colli Lanzi, per capire se i titolari d’azienda e i manager italiani apprezzeranno davvero la riforma Fornero e tutti i suoi cambiamenti. Ma il ceo di Gi Group e Abramo di Aidp apprezzano anche altre parti della legge sul lavoro che sono molto discusse, forse ancor di più di quelle relative all’articolo 18. Si tratta delle nuove regole introdotte per certi tipi di assunzioni flessibili, come le collaborazioni a progetto, quelle con partita Iva o le associazioni in partecipazione, attraverso cui un lavoratore risulta essere formalmente un libero professionista autonomo ma, di fatto, svolge tutte le mansioni ed è soggetto agli stessi obblighi di un dipendente. «Non si può negare che ci siano stati degli abusi nell’utilizzo di questi contratti», dice Abramo, «visto che alcune aziende li hanno usati per inquadrare anche le commesse dei negozi, che invece sono soggette a un vincolo di forte subordinazione con l’impresa». Non la pensa allo stesso modo, invece, Citterio di Gidp, che dice: «Leggendo il testo della legge, si ha l’impressione che possa esistere soltanto una tipologia di inquadramento nel mercato del lavoro: quello stabile a tempo indeterminato». Per Citterio, invece, certe forme di flessibilità sono una necessità imprescindibile per molte imprese e, per parecchie persone, rappresentano l’unica occasione per trovare un impiego, in questa fase difficile di recessione economica. «Come si può pensare», si chiede il presidente di Gidp, «che certe imprese siano oggi in grado di offrire un’assunzione a tempo indeterminato quando, a causa della crisi, spesso non hanno la minima idea di come andrà il loro business nei prossimi anni?». Per questo, secondo Citterio, la riforma del lavoro avrebbe dovuto muoversi su altri binari, partendo magari dalle proposte del senatore del Pd Pietro Ichino che, per i giovani neo-assunti, auspicava minori tutele contro i licenziamenti ingiusti, aggiungendo però dei servizi di outplacement, per favorire il reinserimento nel mercato del lavoro di chi rimane disoccupato (sul modello della flexsecurity, il sistema di welfare adottato in Daninarca). I nuovi vincoli per i contratti flessibili non piacciono neppure a Zampetti di Elica, che critica anche le numerose regole burocratiche che la legge ha introdotto per la gestione dei rapporti di lavoro. È il caso, per esempio, delle procedure adottate contro le dimissioni in bianco: per scoraggiare gli abusi di alcune aziende (che spesso obbligano i neo-assunti a firmare preventivamente una lettera di licenziamento, per lasciarli a casa quando vogliono), oggi tutte le imprese che ricevono le dimissioni di un lavoratore si trovano costrette a rispettare delle procedure molto stringenti e un po’ farraginose, basate sulla firma di numerose carte da inviare poi all’Ispettorato del lavoro. «Per colpire alcuni imprenditori scorretti», afferma il direttore delle risorse umane di Elica, «si è scelto di creare nuovi oneri per tutte le aziende, anche per quelle che non hanno nulla da rimproverarsi». Questo, a detta di Zampetti, è un po’ lo spirito di fondo della riforma Fornero. Che, in definitiva, rappresenta un passo indietro rispetto ai provvedimenti approvati negli anni ‘90. Due nomi per tutti: il pacchetto Treu e la legge Biagi.
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