Dal dire al fare: come un top manager trasforma una buona idea in realtà

Da una buona idea alla sua attuazione pratica ci sono passaggi per nulla scontati che possono fare la differenza tra successo e fallimento. Quali? Lo abbiamo chiesto a quattro top manager

Dal dire al fare: come un top manager trasforma una buona idea in realtà© Shutterstock

Dalla vision alla cultura d’impresa che si respira in azienda, così come da una buona idea alla sua attuazione pratica, ci sono passaggi per nulla scontati che possono fare la differenza tra successo e fallimento. Quali? Lo abbiamo chiesto a quattro top manager:

  1. Stefano Filipazzi – Ghd
  2. Daniele Ferrero – Venchi
  3. Marco Procacciante – Vision Group
  4. Luca Vergani – Wavemaker Italy

La razionalità come alleata del successo

di Stefano Filipazzi – Managing Director di Ghd Italy & South East Europe

Dal dire al fare: come un top manager trasforma una buona idea in realtà

Ritengo che siano essenzialmente tre gli aspetti da prendere in considerazione per valutare al meglio se e quando un progetto merita attenzione: il potenziale beneficio ottenibile, la sua complessità e i rischi conseguenti. Dopodiché, nel corso della mia carriera, ho trovato utile impersonare il ruolo di “avvocato del diavolo” delle mie stesse idee, per provare a individuarne i punti deboli e le criticità. Questo aiuta molto, in fase iniziale, a rendere le nostre proposte più solide e, quindi, in grado di affrontare meglio i confronti successivi.

Da qui la via per arrivare a un’attuazione di successo è, però, ancora lunga e credo siano tre i concetti chiave che possono fare la differenza: Intentionality, Magical mindset e Line of one. Mi spiego meglio. Innanzitutto, è indispensabile che tutto il team sia fermamente convinto e determinato nel voler realizzare quel progetto. In caso contrario gli imprevisti, sempre numerosi e inevitabili, finiranno per avere la meglio. In secondo luogo, bisogna avere un approccio mentale positivo e ambizioso in grado di spingerci a creare qualcosa che ancora non esiste; questo permette spesso di generare in tutto una grande energia ed entusiasmo, fondamentali per il successo. Infine, un passaggio chiave è fare in modo che tutte le parti coinvolte siano… dalla stessa parte.

Ogni progetto o idea coinvolge sempre un alto numero di stakeholder; pertanto, la capacità di creare uno spirito comune tra tutti è fondamentale per superare le difficoltà che immancabilmente si incontrano in fase di esecuzione; quindi, senza paura, cerchiamo di stimolare fin dalle prime fasi confronti aperti e chiari tra tutti gli attori chiave del progetto stesso. Sono tutti aspetti entrati in gioco, per fare un esempio, nell’ideazione e realizzazione della nuova spazzola asciugacapelli ghd Duet Blowdry che ha richiesto cinque anni di intenso lavoro in R&D, ma che ha visto tutta l’azienda coinvolta a più livelli per la riuscita di questo progetto eccezionale. Un piccolo insegnamento che arriva dall’esperienza; facciamo attenzione a non innamorarci troppo della nostra idea! Anche se non è facile, bisogna cercare di mantenere un certo “distacco” razionale e guardarla con gli occhi “degli altri”, per capire se è veramente vincente o solo una delle tante. L’errore più frequente è, infine, quello di sottovalutare la fase di esecuzione dell’idea e, purtroppo, più l’idea ci sembra bella e vincente più tendiamo, più o meno consapevolmente, a dare meno attenzione alla sua messa a terra.

Numerosi esperti e top manager hanno teorizzato e sostengono la cosiddetta regola del 90/10: se il 10% del successo finale è dovuto all’idea, tutto il restante 90% dipende dalla qualità della sua esecuzione (e la mia esperienza lo conferma). Di conseguenza, il mio suggerimento è questo: non sopravvalutiamo mai l’importanza delle nostre idee, cerchiamo di essere aperti ai cambiamenti e sempre molto pragmatici e lucidi per capire, fin dalle prime fasi, tutti i punti chiave che bisogna presidiare al meglio per trasformare la “teoria” in qualcosa di reale e vincente. Un aiuto, in questo senso, può venire dal definire fin da subito quali parametri e modalità utilizzare per misurare il successo della nostra idea. Avere chiari i Kpi contribuisce a costruire meglio il processo di esecuzione e, quindi, a rendere vincente l’idea stessa.

Bisogna unire metodo e coerenza

di Daniele Ferrero – Ceo di Venchi

Dal dire al fare: come un top manager trasforma una buona idea in realtà

All’inizio della carriera, in McKinsey, ho appreso un metodo che cerco sempre di applicare nel lavoro quotidiano. A monte di tutto deve esserci un’abitudine all’ascolto diffusa a tutti i livelli aziendali e la consapevolezza che tutto ciò che facciamo può sempre essere migliorato. Solo una volta che si è affermata questo tipo di cultura si può lavorare sulle idee per farle diventare realtà. Si inizia assegnando un ranking basandosi sulla facilità di attuazione e il ritorno sull’investimento.

È importante che si individuino le persone giuste per definire fattibilità e tempi di attuazione dei diversi progetti, nonché la funzione aziendale ideale per portarli avanti e, al suo interno, le figure che avranno questo compito. Dopodiché l’approccio cambia molto se si tratta di progetti a ciclo corto o lungo. Sui primi si lavora molto più in fretta, magari partendo con un pilota seguito da un momento di validazione. Nel secondo caso il lavoro è più complesso, sono necessarie analisi approfondite per identificare con chiarezza qual è il potenziale dell’idea a lungo termine. In sintesi, bisogna elaborare un business plan. E lo stesso tipo di ragionamento vale anche per le attività legate al mondo Esg, che non vanno catalogate come costi aggiuntivi, bensì come leve per dare valore al proprio business.

Per esempio, quattro anni fa ho cambiato alcune regole della governance aziendale. Innanzitutto, condividendo non solo con gli azionisti, ma con tutti i collaboratori la presentazione dei conti e del budget. Inoltre, abbiamo invitato un’ampia parte dei nostri colleghi a investire in azioni aziendali con particolari parametri e allargato il board a persone esterne che potessero portare punti di vista inediti. Sono iniziative che non solo fanno guadagnare molti punti in termini di trasparenza, ma che si sono rivelate altamente motivanti per i lavoratori. Dopodiché a volte si può sbagliare. L’importante è riconoscerlo, assumendosi le proprie responsabilità, senza attaccarsi emotivamente all’iniziativa fallimentare continuando a “buttarci” soldi nel tentativo di recuperare. Meglio prendersi le perdite e andare avanti. L’importante è imparare dall’errore per non ricaderci.

Per esempio, anni fa commisi lo sbaglio di sbarcare in Brasile. In breve tempo ho capito che quel Paese, per una serie di caratteristiche, non era adatto alla Venchi. Questo mi ha portato a non investire in mercati come quello turco e russo, che hanno caratteristiche simili, evitando così perdite ancora maggiori. Per chiudere, ai giovani do un semplice consiglio. Di stili manageriali ce ne sono tanti, ma la cosa fondamentale è essere sé stessi. Perché l’autenticità è una grande generatrice di fiducia, che è fondamentale perché il business è in massima parte legato alle relazioni. E le persone ti seguono se sei in primis coerente, perché questo crea credibilità e poi, appunto fiducia.

Visione Chiara e monitoraggio continuo

di Marco Procacciante – Ceo di Vision Group

Dal dire al fare: come un top manager trasforma una buona idea in realtà

Il mio modus operandi prevede una pianificazione dettagliata, il coinvolgimento strategico del team e un monitoraggio continuo degli sviluppi. Avere una visione chiara e solida è il punto di partenza per la realizzazione di ogni progetto, ma anche la parte che mi riesce più facile. La vera sfida per me risiede nel trasformare queste idee in azioni operative che coinvolgano tutta l’azienda. È importante riconoscere che non tutti i collaboratori hanno la stessa attitudine al cambiamento e necessitano degli stessi tempi per uscire dalla zona di comfort. Quando pianifico una strategia, considero attentamente chi sono gli attori da coinvolgere, i tempi di cui ha bisogno ciascuno e le diverse tipologie di lavoro.

Questo approccio personalizzato garantisce che ogni membro del team possa contribuire al progetto nel modo più efficace possibile. Inoltre, il monitoraggio continuo tramite kpi ci permette di essere flessibili e gestire gli imprevisti. Un progetto particolarmente complesso è stato il rebranding di un network di 174 centri ottici acquisiti nel marzo 2022. L’operazione aveva comportato l’inserimento di oltre 700 nuovi dipendenti. La sfida era inserire le nuove risorse, ridefinire i processi aziendali e mantenere alta la qualità del servizio offerto ai nostri clienti, il tutto rispettando scadenze precise. Abbiamo dovuto integrare nuovi sistemi informativi e completare il refitting di tutti i centri entro 12 mesi. Per farlo, abbiamo adottato una metodologia di project management molto strutturata, con oltre 60 tavoli di lavoro sui diversi aspetti del piano e l’uso di una app sviluppata appositamente per coordinare in ogni fase le risorse coinvolte.

Nonostante le difficoltà e gli imprevisti, l’accurata pianificazione a lungo termine ci ha permesso di mantenere il focus sugli obiettivi e di raggiungerli nei tempi stabiliti. Un caso particolare è, poi, rappresentato dalle iniziative sociali.

Sono progetti che suscitano sempre un forte entusiasmo iniziale tra i dipendenti, ma non è semplice conciliare i loro impegni lavorativi quotidiani con il tempo da dedicare a queste attività. Non basta lanciare progetti occasionali che svaniscono dopo pochi mesi. La vera sfida è coltivare una mentalità che integri pienamente gli obiettivi Esg nel nostro quotidiano, rendendo queste iniziative parte integrante della cultura aziendale. Dopodiché, per quanto meticolosi e precisi si possa essere nella pianificazione, è inevitabile che emergano imprevisti che possono influire sui tempi di sviluppo di un progetto.

Un errore comune è sottovalutare le sfide legate ai cambiamenti organizzativi. Ogni persona ha tempi di adattamento diversi, e l’efficacia di un’organizzazione dipende dal livello di coinvolgimento delle proprie risorse. Pertanto, quando si affrontano cambiamenti nelle abitudini consolidate, è importante adottare piani flessibili e adattabili al contesto aziendale. Nel tempo ho imparato che ogni progetto è unico ed è difficile trarne degli insegnamenti universali. Un consiglio pratico però mi sento di darlo: dedicare tempo alla pianificazione iniziale e coinvolgere il più attivamente possibile il proprio team.

La perfezione è nemica dell’azione

di Luca Vergani – Ceo di Wavemaker Italy

Dal dire al fare: come un top manager trasforma una buona idea in realtà

Il mio approccio è figlio del mio modo di essere. Sono uno spirito pratico, pragmatico, e non penso che sia utile aspettare di aver definito una strategia perfetta al 100% prima di passare all’azione, soprattutto in un mondo in continua accelerazione, dove i cambiamenti sono così continui e repentini da rendere qualsiasi piano potenzialmente obsoleto ancor prima che sia pronto. Con questo non sto dicendo che si debba vivere alla giornata, ma piuttosto stabilire l’obiettivo da raggiungere e, in linea di massima, il percorso da seguire per riuscirci e poi passare subito all’attuazione, salvo poi aggiustare via via il piano in funzione dei feedback ricevuti.

Perché questo modo di lavorare funzioni, però, sono due le condizioni necessarie. In primis bisogna cercare di imparare dal passato: per quanto gli scenari siano differenti ogni giorno ci sono esperienze precedenti che possono servire da stimolo. In secondo luogo, è indispensabile avere un team coeso e preparato che sia pronto a gestire i fallimenti, perché – se qualcosa non va come sperato – si rischia di andare alla ricerca di un colpevole, innescando un meccanismo di autoprotezione che mira a evitare qualsiasi rischio, incluso quello di sviluppare innovazione, il che non porta mai nulla di buono e di nuovo. E visto che, proprio per non essere superati dal mondo in continua evoluzione e per soddisfare efficacemente le richieste dei clienti, la velocità d’azione è fondamentale, va benissimo ascoltare i pareri di tutti, integrandoli in una strategia comune, ma alla fine deve esserci qualcuno che si assuma la responsabilità di decidere.

Ovviamente maggiore è la velocità con cui si opera, più è probabile commettere errori, ma questo non è un problema se si hanno le competenze e lo spirito per essere pronti a reagire e a correggere il tiro. Non sto dicendo nulla di rivoluzionario: l’importanza di non stigmatizzare l’errore, ma di sfruttarlo come strumento di miglioramento è ormai alla base di non so quanti testi di management, ma la verità è che un conto è dirlo, un altro è dimostrare di agire di conseguenza.

E sono i fatti e i risultati a fare la differenza in azienda. Io stesso ammetto di sbagliare tutti i giorni, ma mi impegno sempre a imparare da essi. Dopodiché, appunto, facendo tesoro delle esperienze passate, quando mi vengono presentate delle idee ho sempre un mio punto di vista sulla loro fattibilità, e non lo nascondo. Però, a meno che non ci siano elementi economici decisivi o evidenze obiettive a sfavore, cerco di tenere presente che il mio è solo un parere tra tanti e lascio che i collaboratori portino avanti i loro progetti. A volte mi smentiscono, altre no.

Credo che così le persone abbiamo maggiori opportunità di crescita e si sentano più coinvolte visto che portano avanti le proprie iniziative e non quelle di qualcun altro. È lo stesso motivo per cui sono convinto che tanti progetti di Csr finiscano per rimanere pura teoria. Per non correre questo rischio, per esempio, in azienda abbiamo scelto di lasciare massima indipendenza al team DE&I nel gestire il proprio budget e le proprie iniziative, affinché rispondano a necessità da loro sentite come prioritarie, senza “subire” i miei bias o quelli del board. Per lo stesso motivo – anche se, vista la passione che ho per il mio lavoro non sempre riesco a trattenermi –, durante le riunioni cerco di prendere la parola per ultimo, perché ho imparato che altrimenti rischio di influenzare il resto del team, spingendo chi è in disaccordo a non esprimersi.


Articolo pubblicato su Business People di ottobre 2024. Scarica il numero o abbonati qui

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