Commessi nel settore moda-abbigliamento, barman, cuochi, pizzaioli, gelatai, macellai, gastronomi, addetti al pesce. E ancora, addetti ai piani, alle pulizie, camerieri e altri professionisti tanto fondamentali quanto ormai rari: sono i lavoratori introvabili, che nel 2025 sembrano essere scomparsi dai radar per varie ragioni, dall’iperqualificazione a bias errati.
A restituire una panoramica della situazione è Confcommercio, con il suo allarme sulla mancanza di 260mila lavoratori nel terziario. La Confederazione Generale Italiana delle Imprese, delle Attività Professionali e del Lavoro Autonomo ha affermato che i settori del commercio, della ristorazione e dell’ospitalità stanno affrontando una crisi occupazionale senza precedenti, con un disallineamento crescente tra domanda e offerta di lavoro.
I dati evidenziano che entro la fine del 2025 resteranno vacanti circa 258mila posizioni, un aumento del 4% rispetto al 2024: una carenza che sta mettendo sotto pressione intere filiere economiche, compromettendo la crescita del settore terziario e incidendo direttamente sul Prodotto Interno Lordo.
Tra le principali cause di questo fenomeno, il calo demografico gioca un ruolo chiave. La fascia di età compresa tra i 15 e i 39 anni ha perso 4,8 milioni di individui dal 1982 al 2024, riducendo drasticamente il bacino di potenziali lavoratori. Ma la questione non è solo numerica: le trasformazioni nel mercato del lavoro hanno portato a un progressivo spostamento delle aspirazioni professionali, con molti giovani che rifiutano occupazioni percepite come faticose o poco retribuite, orientandosi invece verso settori ritenuti più sicuri o prestigiosi.
Allo stesso tempo, si è diffusa una crescente riluttanza alla mobilità territoriale, che complica ulteriormente il reperimento di manodopera in aree con maggiore domanda. L’evoluzione delle competenze richieste dalle aziende ha creato un altro ostacolo: molti datori di lavoro lamentano una carenza di personale con le giuste qualifiche, segnalando una “rarefazione” di lavoratori dotati di conoscenze e abilità adeguate.
Per colmare questo divario, Confcommercio sottolinea la necessità di rafforzare il legame tra istruzione e mondo produttivo, promuovendo percorsi formativi mirati e agevolando stage, tirocini e apprendistato. Parallelamente, il ruolo della contrattazione collettiva assume un peso determinante. Il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale del settore terziario, avvenuto nel 2024, ha introdotto un aumento salariale e una nuova classificazione del personale, con l’obiettivo di rendere più attrattivi determinati ruoli.
Rimane però fondamentale incentivare le imprese a investire nella formazione, anche attraverso il coinvolgimento di lavoratori stranieri, per rispondere a una domanda che altrimenti rischia di restare inevasa. La carenza di personale nel terziario non è solo una questione di numeri, ma riflette cambiamenti strutturali profondi: affrontarla richiede strategie integrate che combinino politiche attive del lavoro, incentivi per le aziende e un ripensamento culturale del valore di alcune professioni essenziali per l’economia italiana.
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