In maniera consapevole o meno, tutti facciamo ricorso alla retorica ogni giorno, nel tentativo di convincere gli altri. È un fatto quasi naturale, connaturato ai nostri molteplici ruoli sociali e alle loro esigenze.Utilizzare un determinato stile, con parole e gesti in grado di sedurre – anche forzando le obiezioni altrui – è un’arte il cui pregio si fonda sulla validità degli argomenti sostenuti e il cui fine rimane quello di far comprendere la bontà del nostro ragionamento. Convincendo, appunto, non manipolando. Credo sia questo il valore aggiunto offerto dalla capacità di “saper parlare”.Molti ritengono di essere buoni comunicatori per il solo fatto di esporre un punto di vista e di prestare attenzione, quando la si presta, al feedback che ne deriva. Eppure spesso il risultato non è quello atteso, magari perché le persone non comprendono quanto stiamo loro dicendo o perché ciò che ascoltano diverge dal messaggio che avremmo voluto dare. Insomma, per quanto banale, il segreto di una buona comunicazione sta nell’effettiva ricezione del messaggio da parte di chi ascolta.Per informare e ispirare l’azione degli altri, per ottenere consenso e sviluppare una mutua fiducia, per comunicare con efficacia ed esprimere dunque leadership, occorre avere quella dote che David Goleman definisce intelligenza emotiva. Non parlo di aspetti come l’ingegno, la determinazione o la visione, per quanto importanti.Mi riferisco all’autoconsapevolezza dei propri limiti (senza il timore di renderli noti), all’autocontrollo degli impulsi, alla motivazione, al risultato e all’empatia, cioè alla capacità di gestire le relazioni umane. Da questa miscela di caratteristiche (alcune innate, altre acquisite sul campo e affinate nell’esercizio quotidiano) si alimenta la strategia con cui guidare al successo i propri collaboratori. Ovviamente senza la pretesa di essere infallibili.
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