Non ne sbaglio una

Quando si tratta di scelte importanti siamo tutti come Charlie Brown (senza saperlo). Ecco perché spesso prendiamo decisioni pessime. Se invece la ragione venisse a patti con i sentimenti scopriremmo che....

Prendere decisioni è una della principali attività dei manager: a ogni livello, infatti, sono loro che ogni giorno devono compiere un numero incredibile di scelte, individuando, fra le alternative possibili, quella che appare la migliore. Velocemente e senza tentennamenti. Disposizioni di tutti i tipi, che vanno dalla semplice routine lavorativa a quelle più rilevanti, spesso cruciali per la propria carriera, il team di lavoro e addirittura le sorti dell’azienda. È chiaro che, in questi casi, una decisione mediocre avrà conseguenze catastrofiche. Come evitarlo?All’università ci hanno insegnato come procedere in maniera logica e razionale, affrontando ogni situazione con matematica freddezza. Ma in realtà le cose vanno diversamente: oltre 30 anni di ricerca nell’ambito delle scienze cognitive, infatti, danno una ben diversa spiegazione su come prendiamo le decisioni. «Siamo più simili a Charlie Brown che a Mr Spock», sintetizza Matteo Motterlini, esperto di trappole decisionali e professore di Economia cognitiva e neuroeconomia all’Università Vita-Salute al San Raffaele di Milano. «Timidi e interdetti, spesso sopraffatti dall’emozione. Nella vita di tutti i giorni proviamo gioia, paura, rabbia, gelosia, invidia, disgusto, e molti altri sentimenti che condizionano le nostre scelte in modo ben poco calcolato», continua il professore, «ma la cosa interessante è che esiste una logica anche nei sentimenti: la nostra irrazionalità non si scatena per caso, ma segue percorsi precisi, è sistematica e pertanto prevedibile». Insomma, dobbiamo fare i conti con alcuni precisi meccanismi mentali che agiscono sotto la cortina della piena consapevolezza, cioè a nostra insaputa, quando si tratta di usare il cervello.

NON È IL CAPO CHE PRENDE LE DECISIONI STRATEGICHEAlcuni dei miti più diffusi a proposito dei processi decisionali che impattano sulla sopravvivenza delle aziende

MITO

REALTÀ

Le decisioni richiedono esercizio intellettuale

Le decisioni sono complessi processi sociali, emotivi e politici

I manager analizzano e poi decidono

Le decisioni sono spesso prese in sequenze non lineari, con soluzioni che emergono ancora prima delle fasi di analisi e di valutazione delle alternative

I manager decidono e poi agiscono

Le decisioni spesso si formano attraverso un processo interattivo di scelta e azione

Le decisioni sono prese collegialmente, nella “stanza dei bottoni”

Molte delle decisioni sono prese in modo riservato, in conversazioni a due, o in un gruppo ristretto

L’amministratore delegato prende le decisioni strategiche

Le decisioni strategiche sono prese in modo simultaneo da diverse persone chiave a diversi livelli dell’organizzazione

(Fonte: Tosi H. E Pilati M., Comportamento organizzativo. Attori, relazioni, organizzazione e management, Milano, Egea, 2008)

La prossima volta che dovremo scegliere quale automobile comprare, se cambiare lavoro, quando vendere le azioni che abbiamo in portafoglio o come affrontare un serio problema al lavoro, ebbene, siamo avvertiti: ci sembrerà di usare la testa mentre sarà il cuore a mettersi di traverso. Poco male, basta saperlo in anticipo e agire di conseguenza. Come? «Per un imprenditore e un dirigente è davvero fondamentale gestire bene il proprio tempo, specialmente quello per le decisioni, ma bisogna distinguere: per le disposizioni routinarie vanno bene anche le scorciatoie», ci viene in aiuto Marco Galleri, professionista nella consulenza di direzione aziendale e autore, fra l’altro, di un manuale per decidere e innovare (Il tempo per le decisio-ni importanti, Franco Angeli).

PER SAPERNE DI PIÙ

Matteo Motterlini,Economia emotiva. Che cosa si nasconde dietro i nostri conti quotidiani (Rizzoli, 2006)Trappole mentali. Come difendersi dalle proprie illusioni e dagli inganni altrui (Bur, 2010)

Richard Thaler e Cass Sunstein,Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità (Feltrinelli, 2009)

Marco Galleri,Il tempo per le decisioni importanti. Manuale per decidere e innovare (Franco Angeli, 2006)

«Per le disposizioni d’emergenza servono invece procedure già pronte, mentre una scelta davvero importante non dovrebbe mai essere presa d’urgenza: se è così significa che si è sbagliata la pianificazione o è successo l’imprevedibile. Precondizione necessaria è liberarsi dai vincoli, star bene anche di salute, controllare le proprie emozioni verificando sempre quanto stiano pesando. Poi», continua Galleri, «seguire il metodo razionale: prima si mettono a fuoco i problemi, si sceglie quello che s’intende affrontare, lo si analizza attentamente, si sviluppano delle soluzioni promettenti. Si valuta la migliore e se ne pianifica l’attuazione.

FATELO…CON METODO

Il sistema, brevettato dall’eccentrico e carismatico Max Formisano, per prendere le giuste decisioni

Se è possibile si fanno tante prove quante servono per raggiungere gli obiettivi. Ma niente paura se non si raggiungono tutti: la verifica critica è cruciale anche quando il danno è irreversibile, apprendere dai propri errori è il primo necessario passo per evitare di ripeterli». Già, gli errori. Conoscerli serve per evitarli, o almeno provarci. Perché sono molto insidiosi. «I problemi più frequenti», conclude Galleri, «sono che le persone hanno assunti errati, fanno analisi superficiali, cadono in trappole cognitive, trascurano di provare anche quando è possibile, decidono sotto la pressione di emozioni, non imparano dai loro errori.

LO ABBIAMO CHIESTO A…

SEBASTIANO ZANOLLIScrittore, speaker motivazionale e manager del gruppo OTB Diesel«Due elementi fondamentali: obiettivi (e idee) chiare, molte informazioni (dirette o indirette). Sono due attività costose in termini sia fisici che psichici. Chi sbaglia meno è perché riflette più degli altri prima di agire: una volta scelta la cornice, decidere diventa meno rischioso. La mia regola: avere sempre un piano B, un’alternativa differente da poter percorrere senza chiedere niente a nessuno. Così si rende più semplice e dignitoso il processo decisionale».

GIAMPAOLO ROSSIDirettore Generale di Adexia, esperto in leadership«Sbagliamo quando pensiamo ai dilemmi da affrontare sul lavoro come se avessero da qualche parte una soluzione predeterminata e ci bastasse applicare un metodo per trovarla, così come accadeva a scuola con i problemi di matematica, che avevano un solo risultato corretto. In azienda è diverso: un problema manageriale ha per sua natura più di una soluzione possibile e quindi contiene in sé una componente di rischio che il manager deve minimizzare».

Inoltre diversi imprenditori e dirigenti non praticano il metodo e non conoscono gli strumenti basilari».Volete un esempio? Ecco uno dei più banali, una trappola all’apparenza così evidente ma nella quale tutti, almeno una volta nella vita, siamo caduti. Gli studiosi la chiamano effetto Asch, dal nome dello psicologo Solomon Asch che la formulò per primo, ma è più comunemente conosciuta come effetto “pecora”, cioè la propensione a conformarci al comportamento degli altri anche se palesemente sbagliato. Caso tipico: in riunione plenaria col capo. È qui che ai manager capita spesso di assecondare le posizioni dei colleghi anche a costo di sacrificare le proprie idee. Tutto pur di non andare contro corrente: comprensibile, ma sbagliato. «C’è un interessante esperimento fatto su alcuni manager, tutti d’accordo tranne uno, la vittima», racconta Stefano Verza, psicologo del lavoro e delle organizzazioni. «Al gruppo vengono fatte semplici domande alle quali i complici danno una risposta palesemente errata e quando tocca alla vittima formulare la sua opinione, ecco che si adegua all’errore perché così dice la maggioranza, pur sapendo di sbagliare». A riprova del fatto che il manager pianificatore e decision maker razionale, riflessivo e sistematico, più che leggenda, è pura mitologia.

METTETE ALLA PROVA LA VOSTRA RAZIONALITÀ

DECISIONE 1.La lotteriaPreferite partecipare a una lotteria (A) dove avete il 20% di probabilità di vincere mille euro oppure a una lotteria (B), dove avete il 70% di probabilità di vincere 300 euro?Se avete risposto AVi siete fatti ingolosire, anche solo per un attimo, dalla lotteria A? È la risposta sbagliata ma tranquilli: viene scelta da quasi tutti noi “umani”. La maggior parte delle persone risponde prontamente al variare della posta in palio (mille euro contro 300), ma non all’aumento della probabilità di ottenerla (da 20 a 70 per cento).Se avete risposto BSiete come Mr. Spock, freddi e razionali. In termini di valore atteso, infatti, la lotteria B è senz’altro superiore: per l’esattezza B è meglio di A di ben 100 euro.SpiegazioneL’anticipazione della vincita di una grossa cifra è processata in modo del tutto intuitivo e automatico, mentre le probabilità della vincita lo sono in modo riflessivo e deliberato. In altri termini, la possibilità di vincere è qui e ora intercettata dalla sensibilità dei nostri neuroni eccitati da un guadagno ingente; mentre la probabilità di vincere è là, lontana e fuori dal tempo e dallo spazio, rarefatta nell’astrattezza di un lento e laborioso calcolo mentale.

DECISIONE 2.Il gioco dell’investimentoDovete decidere se tenervi 100 euro oppure investirli. L’investimento consiste nel lancio di una moneta: se esce testa avrete perso i 100 euro, se esce croce ne vincete 250. Il gioco prevede venti turni. Cosa fate, li tenete o li investiti?Se avete risposto “Li investo”Risposta corretta. Senza annoiarvi con i calcoli, conviene lanciare la moneta perché l’utilità attesa è maggiore per ogni turno.Se avete risposto “Li tengo”Sbagliato, ma siete in buona compagina. Il 60% di chi partecipa al gioco decide di tenersi i soldi. SpiegazioneIl nostro cervello emotivo è progettato per evitare le perdite e per questo la maggior parte delle persone si comporta in modo irrazionale, preferendo guadagnare meno pur di evitare potenziali perdite.

Tratto da Matteo Motterlini, Per un’economia umana. Conoscere il cervello per uscire dalla crisi

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