Otto milioni di donne disoccupate: gli ostacoli che devono affrontare ancora in Italia

Otto milioni di donne disoccupate: gli ostacoli che devono affrontare© Shutterstock

Sono ancora troppe le donne disoccupate in Italia, secondo gli ultimi dati Istat sono ben 8 milioni. Si tratta di una condizione figlia delle difficoltà che ancora la categoria deve affrontare nel nostro Paese. Il gender pay gap, infatti, è fra i primi fattori che le scoraggiano. 

Il 65% degli inattivi in Italia è donna. Un dato pari a 7,8 milioni. Di questi, un terzo ha figli o parenti da accudire e 1.300.000 desidera emanciparsi e lavorare. Se ci riuscisse, peraltro, sarebbe un grande arricchimento per il Paese.

I numeri: fotografia di un Paese arretrato

I numeri di Cnel e Istat sulle donne disoccupate parlano chiaro.  L’occupazione al femminile cresce, ma non in maniera spedita, di meno rispetto al resto dell’Europa e a quella maschile. Il tasso di occupazione italiano è inferiore del 13% rispetto alla Francia, che invece è in linea con la media dell’Unione. La distanza con la Germania è di 20 punti percentuali, con la Spagna di 8 e con gli uomini italiani del 18%. 

Le donne non soltanto lavorano di meno, ma – a partita di condizioni – hanno uno stipendio inferiore rispetto ai colleghi uomini. A contribuire all’occupazione in Italia sono le over 50, che devono fare i conti con una politica pensionistica che le tiene ancorate al proprio posto. D’altro canto le donne in giovane età studiano di più, raggiungono gli obiettivi scolastici e accademici prima degli uomini, ma non hanno le stesse opportunità professionali. 

Quelle in cerca di lavoro da un anno o più sono il 54%. Il 65% si trova al Sud e il 75% sono madri single (a fronte di un milione occupate ma “vulnerabili”). Hanno contratti senza garanzie, sono sottopagate e trovano impiego in settori come i servizi alle famiglie, gli alberghi e la ristorazione: negli altri comparti è più difficile affermarsi.

Fra il 2008 e il 2024 la quota di coppie in cui solo l’uomo lavora è scesa dal 33% al 25%. Nonostante questo, però, l’Italia è al terzo posto in Europa per incidenza di coppie monoreddito maschile. Si tratta del 25%, a fronte della media europea del 16%. Inoltre, il nostro Paese è terzultimo per coppie in cui i partner hanno un reddito simile.

Le donne, se non sono disoccupate, guadagnano meno anche perché lavorano di meno. Non a caso l’Inps ha pubblicato un dato significativo: il costo sommerso della cura della famiglia, che si traduce il circa in 7 mila euro all’anno in meno. E il 42% delle madri non sceglie il part-time ma lo subisce. Lo stesso vale per il 67% delle donne senza figli, che peraltro non avrebbero alcun tipo di difficoltà a lavorare a tempo pieno. 

Inoltre il 34% delle donne deve fare i conti con una retribuzione inadeguata, condizione che coinvolge solvato il 18% degli uomini. Per le over 45 il gender pay gap resta superiore al 30% e su tutti i livelli di istruzione.

Le donne faticano a entrare nel mondo del lavoro e a fare carriera, come se non bastasse già il fatto di non riuscire a superare determinati stereotipi che le vede segregate in 21 professioni. Troppo spesso sono viste solo come segretarie, commesse, infermiere, maestre e colf. Gli uomini invece possono scegliere tra 53 professioni diverse.

In linea con quanto appena appreso, purtroppo, non stupisce che ci sia una sola donna a ricoprire l’incarico di presidente di Regione in Italia, soltanto il 15% è sindaca e il 33,6% in Parlamento. Il 30% ricopre funzioni governative, il 21% sono magistrate al culmine della carriera. Il 2,9% è amministratrice delegata e il 16% direttrice di azienda. Infine, solo il 28,8% delle aziende italiane è a conduzione femminile.

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