La Ragioneria generale ha aggiornato le stime sulle pensioni in Italia, basandosi sullo sullo “scenario demografico Istat – mediano base 2023”: rispetto alla situazione attuale, nel 2040, l’età potrebbe salire di 13 mesi. Questo, in seguito all’adeguamento dei requisiti dell’aspettativa di vita , è previsto per accedere alla pensione di vecchiaia e “all’anticipo” con i soli contributi versati, al di là dell’età raggiunta.
In attesa che il Governo Meloni si pronunci, le nuove proiezioni dell’Istituto nazionale di statistica, collocano l’età pensionabile per vecchiaia a 68 anni e un mese, contro gli attuali 67. Se si vuole tenere conto dei contributi, invece, le stime prevedono il raggiungimento di 43 anni e 11 mesi per gli uomini e 42 anni e 11 mesi per le donne.
L’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita è di fatto “congelato” fino a tutto il 2026. Secondo le stime, nel 2027 la soglia di vecchiaia dovrebbe arrivare a 67 anni e tre mesi e quella per l’anticipo svincolato dal requisito anagrafico a 43 anni e un mese per gli uomini e 42 anni e un mese per le donne.
Speranza di vita nel 2070: i dati
Il report della Ragioneria generale, che registra il quadro possibile sulle pensioni al 2040, tiene conto del “quadro macroeconomico sottostante al Piano strutturale di bilancio di medio termine (Psbmt) 2025-2029 e delle revisioni statistiche ai conti economici nazionali rilasciate da Istat nel settembre 2024, nonché delle più recenti previsioni demografiche Istat formulate nell’ambito dello scenario di lungo periodo”.
Si tratta di previsioni che evidenziano la crescita di alcuni fattori. Il tasso di fecondità passa dall’1,20% del 2023 all’1,44% del 2070 mentre la speranza di vita al 2070 raggiunge 85,8 anni per gli uomini e 89,2 anni per le donne. Inoltre il flusso migratorio netto, che si attesta su un livello medio annuale di poco inferiore a 180mila unità, ha un profilo decrescente sino al 2037 e poi si stabilizza.
La spesa nei prossimi anni dovrebbe continuare a crescere fino a raggiungere il 17,1% del Pil nel 2040, fino al 2042. “L’andamento del rapporto tra spesa pensionistica e Pil è ascrivibile principalmente all’aumento del numero di pensioni rispetto a quello degli occupati, riconducibile all’ingresso in quiescenza delle generazioni del “baby boom”, che viene solo in parte compensato dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento e dall’effetto di contenimento degli importi pensionistici esercitato dalla graduale applicazione del sistema di calcolo contributivo sull’intera vita lavorativa”, si evince dal report della ragioneria.
© Riproduzione riservata