Il salto dalla scuola al lavoro è un balzo nel vuoto per il 74% dei giovani italiani. Solo 26 su 100 riescono a trovare lavoro in un anno, la metà di quanto lo facevano nel 2008.
E’ solo uno dei dati allarmanti fotografati dall’Isfol nel rapporto sul Mercato del lavoro italiano durante la crisi, che ribadiscono l’ormai incolmabile baratro tra chi un lavoro fisso ce l’ha e chi lo sta cercando.
TRANSIZIONI DIFFICILI. L’attenzione è proprio sulle transizioni da una situazione lavorativa (a partire da disoccupazione e inoccupazione) fino al contratto a tempo indeterminato.
«Nel 2013 ogni dieci under 30 occupati nell’anno, poco meno di sette avevano un lavoro temporaneo, con una crescita di oltre 19 punti percentuali rispetto al 2004, e di quasi 13 rispetto al 2007», segnala l’istituto.
Ad aggravare il precariato c’è il difficile percorso verso la stabilizzazione: «Su cento occupati temporanei, nel 2007 poco più di un quarto transitava verso un’occupazione a tempo determinato nei dodici mesi successivi. Nel 2013 la quota di occupazione stabilizzata era scesa di 4 punti percentuali e mezzo, con solo 18,5 occupati a termine su cento che transitavano verso un’occupazione a tempo indeterminato. Al contempo, è aumenta la quota di coloro che permangono all’interno dell’occupazione con forme contrattuali precarie, così come è andata crescendo la quota di occupati a termine in uscita dall’occupazione, transizione che nel 2013 ha interessato poco meno di quarto degli occupati temporanei».
TEMPORANEI VITTIME PRINCIPALI. «E’ evidente come gran parte della contrazione occupazionale abbia interessato gli occupati temporanei. La probabilità di uscire dall’occupazione per un lavoratore temporaneo è cresciuta, dal 2007 al 2013, di circa 4 punti percentuale e mezzo, mentre per un lavoratore a tempo determinato la variazione è stata solo di 1,3 punti percentuali».
I ricercatori dell’Isfol possono così affermare che il mercato italiano funziona in maniera duale: «Gli interventi di riforma che si sono susseguiti negli anni in Italia, infatti, hanno agito in maniera asimmetrica sul regime protezionistico dell’impiego, agendo formalmente al margine per i nuovi assunti».
SEMPRE PIU’ GIU’. Con la crisi, aumenta anche il posizionamento verso lavori più bassi. Altro che “choosy”, dunque, «aumenta la quota di occupati che svolgono lavori per i quali, generalmente, è richiesto un titolo di studio inferiore. Nel 2012 la percentuale di ‘overeducated‘ tra i laureati e i diplomati sfiorava il 20%, mentre solo 6 anni prima superava di poco il 14%».
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