Sono 10 i trend che gli specialisti delle risorse umane tengono a mente per l’anno 2025: in questo contesto, il ruolo dell’AI è fondamentale. Le attività, inoltre, stanno diventando più piccole – a misura d’uomo – e altamente specializzate.
Le competenze si affermano ogni giorno di più come la vera “valuta” di scambio sul mercato del lavoro. Ecco perché il 93% dei direttori del personale a livello globale, e il 92% in Italia, punta a tenere con sé chi dimostra competenza e organizzazione.
I 10 trend nel settore delle risorse umane
Al primo posto, per chi lavora nel campo delle risorse umane, c’è l’implementazione delle AI che cambiano la cultura del lavoro. Quella generativa si sta dimostrando fondamenta per la comunicazione, la collaborazione e i processi creativi. Inoltre l’intelligenza artificiale stimola la soddisfazione dei dipendenti, che si sentono alleggeriti rispetto ai compiti più antipatici e ordinari.
Per gli specialisti dell’HR, l’intelligenza artificiale accelera la crescita professionale. L’AI, infatti, può creare contenuti e programmi di formazione personalizzati. Possono essere anche interattivi, attraverso la realtà virtuale e aumentata e la gamification. Lo stesso vale per i programmi di coaching e di mappatura delle competenze personalizzati, migliorando le opportunità di mobilità interna.
Inoltre si crea un maggiore spazio ai talenti neurodivergenti, ancora sottoutilizzati ma con competenze uniche. Fra questi ci sono il riconoscimento di schemi, la creatività, il problem solving e la comunicazione. Grazie all’AI e alle tecnologie assistive si sta dando maggiore spazio a queste risorse, avviando programmi per l’apprendimento.
Gli specialisti delle risorse umane si concentrano maggiormente sulle competenze e le attività che sulle menzioni. La forza lavoro mira a essere più agile e versatile, con accordi professionali flessibili – sia fissi che contemporanei – che facciano lavorare bene i dipendenti. È un modo di procedere per navigare in un mercato in crisi, dove c’è scarsità di dipendenti. Il turnover e i pensionamenti hanno effetti negativi sulle operazioni e le aziende sono più orientate alla fidelizzazione del personale.
Oltretutto si punta al reskilling per creare nuovo valore. Le aziende si focalizzano sulle competenze necessarie piuttosto che sui ruoli professionali, fornendo ai lavoratori gli strumenti per adattarsi e dare il meglio di sé. Ecco allora che si colma anche il divario delle competenze dei leader, con programmi di coaching, mentoring e management.
Di conseguenza, si affermano nuovi modelli basati sulle competenze. A contare non sono solo le performance, ma anche il potenziale, l’ambizione e le motivazioni. Infine, si potenzia il mercato interno dei talenti. La maggior parte dei datori di lavoro ora preferisce la mobilità interna al recruitment esterno.
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